Quei giochi «sporchi» di Pescara
Dal26 giugno al 5 luglio, l'Italia e Pescara ospiteranno la sedicesima edizione dei giochi di Mediterraneo. Organizzati nella sessione inaugurale del 1951 ad Alessandria d'Egitto, nel loro manifesto programmatico i giochi indicarono come principi ispiratori la diffusione dell'educazione olimpica nei paesi del bacino del Mediterraneo, il rafforzamento dei legami di amicizia e di pace, la promozione della comprensione, della cooperazione e della solidarietà. Con un peccato originale: l'esclusione di Israele. Scarsamente sottolineata nelle precedenti edizioni, l'assenza israeliana ha preso corpo in prossimità della manifestazione pescarese, dichiarata dal governo, nel 2005, «grande evento», e come tale enfatizzata e sostenuta con milioni di euro. Motivo dell'assenza, allargata alla Palestina, l'atteggiamento dei paesi arabi, forti di una regola che prevede la maggioranza di due terzi dei 23 membri per l'annessione di uno nuovo. Alla blindatura araba e all'accodamento da struzzo di altre nazioni si affianca l'inconsistenza parapolitica e filistea dei principali paesi occidentali, Italia in testa, che pure ricopre da decenni, con Pescante e Pagnozzi, ruoli di vertice sia nel CIO sia nel Comitato internazionale dei giochi. A nulla soccorre quanto avviene nel CIO, di cui Israele è membro dal 1952 ed ammessa regolarmente, insieme con atleti palestinesi, ai Giochi olimpici, così come avviene in altre manifestazioni internazionali. A novanta giorni dall'evento, al fallimento politico, all'imbarazzo di un'Italia padrona di casa, alle capriole finanziarie, alle risse tra nomenklature locali e alle confusioni organizzative, saremmo ipocriti se non aggiungessimo un dato essenziale: la modestia tecnica dell'evento. Al punto che sarebbe sano se in futuro, quale che esso sia, CONI e Governo evitassero, il primo di avallare, per nulla addottorato dalla disinvolta esperienza vissuta da Bari nell'edizione del 1997, ridicole candidature di casa nostra, il secondo di foraggiarle.