Sarà «miao» il grido di battaglia
Naturalmenteparlo di calcio e sono dunque un originale, perché tutti, alla vigilia del secondo round di Italia-Inghilterra, stanno tremando. Neanche parlassimo di rugby. Io sono rispettoso del ruolo di Padri Fondatori dei nostri rivali e ne riconosco anche il giusto spirito conservatore: le Tavole della Legge, sostanzialmente nelle loro mani da sempre, vengono preservate dagli spifferi modaioli e dall'intelligenza (?) dei riformisti: da tutti quelli - insomma - che del calcio hanno un'idea sbagliata e lo confondono con il marketing; e vorrebbero la moviola in campo e altre ribalderie del genere. Gli inglesi - come sa chi può - hanno due principi fondamentali: il gioco e la Casa del Gioco. Il pallone e lo stadio. Intorno ai quali è cresciuto il merchandising che non è un tentativo di far ricchezze ma la moltiplicazione delle immagini «aziendali», i santini del club, le sue insegne (bandiere e gagliardetti), le sue divise militari o religiose (le maglie): il tutto secondo dettagliata descrizione reperibile nella «Tribù del calcio» di Desmond Morris. I complessati nostrani un bel giorno hanno deciso di imitarli sul piano finanziario e - soprattutto a Roma, sulle due sponde SpA - ne hanno pagato le conseguenze. Loro, gli inglesi, adesso son tutti sull'orlo della bancarotta, emiri e sceicchi compresi. Il mitico Manchester United, la notte in cui ha potuto sorridere per la scarsa pericolosità degli interisti («San Zero», titolò un giornale) s'è svegliato con il ricchissimo sponsor AIG (la più grande compagnia assicurativa del mondo) praticamente fallito ed è in crisi nera. Altri complessati nostrani hanno ritenuto opportuno importare un modello culturale anglo-portoghese per imporsi una sterzata vincente. Ho sentito Mourinho dire ai tecnici e agli arbitri italiani (ero presente, a Coverciano) che il nostro calcio è arretrato, eccetera eccetera. Più tardi lo ha anche precisato in termini più sgradevoli, ma che importa? La sua Inter non ha fatto nulla per mostrare eventuali progressi, la Juve ha contenuto i danni di una sfida giocata più sui palloni che sui moduli e le chiacchiere, mentre la sola Roma si è posta su un terreno di qualità del gioco con la sola squadra inglese che il gioco privilegia, l'Arsenal. Ferguson, Hiddink e lo stesso Benitez sono già iscritti da tempo al Club del Contropiede: «Catenacciari» li definiscono gli spagnoli. Mourinho, di questo club, è il presidente. Mi sentivo solo, a dirlo, m'è venuto in soccorso Osvaldo Bagnoli, genio calcistico sottovalutato perché onesto e saggio. E allora, quando nelle ultime ore ho letto che i giornali inglesi ci danno per sconfitti perché «i leoni italiani di una volta sono diventati gattini sdentati» ho capito che si rivolgevano agli imitatori complessati e non a chi crede - come me - che, partendo da una difesa intelligente, si possa arrivare a colpire e ferire e sconfiggere anche l'avversario più potente. E provateci, dunque. Grido di battaglia: miaoooo.