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Subito una casa per il museo biancoceleste

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Qualchegiorno fa il Comune ha assegnato alla Fondazione Roma una palazzina a ridosso del Circo Massimo dove, a Dio piacendo, in pochi mesi verrà realizzato un sacrario giallorosso all'interno del quale sarà possibile ripercorrere 82 anni di passioni e di gloria. Questa è una bella notizia, positiva, perché il calcio, e la Roma, fanno inscindibilmente parte del patrimonio storico recente della nostra città, rappresentandone in modo quasi didascalico il percorso dalla cultura populista del fascismo – nel '27 fu il Partito a imporre la nascita della società giallorossa, fondendo per decreto otto sodalizi minori – a quella popolare, di massa, dei giorni nostri. Non è mai troppo tardi, e tuttavia è sorprendente che, a dispetto della pregnanza del mito della «maggica», soltanto adesso il Comune abbia sentito l'esigenza di colmare quella che era una vistosa lacuna. Mi dicono che alcuni laziali siano seccati per l'attenzione riservata ai cosiddetti «cugini». «Noi di anni ne abbiamo quasi 110», si lamenterebbero, «ma sembra che in Campidoglio se lo siano scordato». Io, laziale quanto loro, sono però convinto che questo vittimismo sia sbagliato per almeno due motivi. Il primo è che non è vero che il Comune trascura la Lazio e privilegia la Roma. E' solo che la Roma si è mossa bene ed ha sfruttato bene la forza del suo «marchio». E' un dato di fatto e non c'è niente di cui essere gelosi o invidiosi. Il secondo motivo è ancor più serio. Se la Roma è una gloria cittadina, e merita dunque un tributo locale, la Lazio, nata 27 anni prima e portatrice del verbo dello Sport nell'accezione più piena del termine, è invece – da Polisportiva più grande dell'Europa occidentale – una gloria nazionale. Per ciò che ha rappresentato, e per il lustro che i suoi campioni di tutte le discipline hanno dato allo sport italiano dal 1900 a oggi, essa merita dunque non il tributo di una sola città ma quello dell'intero Paese. Nel museo della Lazio, quando ci sarà, non troveranno posto soltanto palloni e scarpini, due scudetti e l'unica Coppa Europea di calcio mai vinta da una squadra capitolina. Ci saranno tutti i tipi di palle e di palline, costumi da nuoto e calottine da pallanuoto, pattini a rotelle e mazze da baseball, barche e biciclette, paradenti e bastoni da hockey, titoli olimpici e mondiali, record europei e una marea di tricolori. Non potrà essere un museo cittadino, perché Roma alla Lazio va stretta: dovrà piuttosto rappresentare un inno alla bellezza degli ideali olimpici, quelli che spinsero i padri fondatori a scegliere i colori della bandiera greca, e dunque necessiterà di un palcoscenico più vasto. Io un'idea ce l'avrei. La Lazio è nata a Ponte Cavour e cresciuta in Piazza d'Armi, fra Viale delle Milizie e Viale Angelico. E' lì che si trovano le sue radici. Ed è lì che – in era di dismissione delle ormai inutili caserme militari – potrebbe essere più facile trovarle una casa bianca, rossa e verde.

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