una vita per il rugby
Nel lungo periodo in cui si attivò per costruire nella città abruzzese le fondamenta di quella che di lì a poco sarebbe divenuta una delle cittadelle del rugby - tra le rare, se non l'unica, capace nel tempo di opporsi con successo allo strapotere organizzativo ed economico dell'Amatori Milano e delle città venete - Fattori trattò la disciplina con la fede del missionario e la sensibilità del patriarca, al punto da indurre uno spirito ruvido come Paolo Rosi, tra i suoi allievi preferiti e per oltre trent'anni voce televisiva, a scrivere, alla notizia della sua scomparsa, di «un padre perduto». Prima linea di ruolo, fisico temibile, Fattori aveva esordito nel 1929 con la Lazio, passando subito dopo nelle file della Rugby Roma, centrando lo scudetto nella stagione 1934-35, titolo doppiato due stagioni dopo, stagione 1936-37. Presente, nel 1934, nella pellicola Stadio, diretta da Carlo Campogalliani, interpretata tra l'altro dall'olimpionico Luigi Beccali e medaglia d'oro alla Mostra di Venezia, Fattori giunse all'Aquila nel 1937, conducendo subito la squadra alle finali nazionali del campionato della GIL, basi per la nascita dell'Aquila Rugby. Chiamato alla vigilia della guerra mondiale a dirigere l'impianto sportivo comunale - impianto voluto da Adelchi Serena, ministro e segretario del partito fascista, impianto considerato il massimo dell'epoca per estetica e funzionalità - a partire da quella data Fattori iniziò l'opera che avrebbe fatto di un piccolo teatro di provincia una delle migliori realtà del rugby nazionale. L'Aquila e il rugby sarebbero rimasti probabilmente un binomio insoddisfatto e imperfetto se una tempra umana come quella di Fattori non l'avesse sorretto e alimentato con la forza della passione e della tensione morale. Erano tempi in cui non povertà di talenti ma carenze organizzative ed economie al limite della dignità potevano costituire un ostacolo allo sviluppo dello sport. Dal fervore romantico di Fattori, che nel rapporto con i suoi giocatori privilegiava il sentimento purché non divenisse ostaggio della retorica, avvenne gradualmente una trasformazione che portò in poco tempo le maglie nero-verdi ai vertici nazionali, fino alla disputa della finale per l'assegnazione dello scudetto assoluto. Quella del 1959 fu giornata da ritagliare per gli annali dello sport: l'Aquila uscì sconfitta dall'incontro, ma quale momento meraviglioso si visse quando furono gli avversari delle Fiamme Oro ad issare sulle proprie spalle il tecnico abruzzese. Fu da quelle fondamenta che nacquero i 5 scudetti (1967-69-81-82-94), 2 Coppe Italia e 10 titoli giovanili e, secondo le epoche, la vitalità di un ambiente che ha prodotto giocatori come Mariani, Fiocco, Faraone, Tartaglini, Autore, Del Grande, Di Zitti, Ghizzoni, Mascioletti, fino ad Andrea Masi, ultimo prodotto del vivaio aquilano e punto di forza della nazionale.