E allora chiamiamolo Baptistuta

I competenti mi hanno subito fatto notare come Gabriel fosse attaccante puro, con quei 246 gol segnati in carriera fra Argentina (21), Italia (200) e Quatar (25), mentre Julio è schedato come centrocampista offensivo e ha al suo attivo un'ottantina di reti. Ma qui mi permetto alcune osservazioni a sostegno della mia scelta: innanzitutto, ricordo che Batistuta è esploso al gol intorno ai trent'anni, al suo arrivo a Firenze, mentre Baptista ha avuto la sua stagione migliore al Siviglia, dove ha realizzato 46 reti a poco più di vent'anni, quindi con larghi orizzonti davanti a se, visto che ne ha ventisette. Julio, affermatosi come bomber nel rinato Siviglia di Josè Maria del Nido, che lo ha importato dal Brasile insieme a Daniel Alves, viene acquistato a caro prezzo dal Real dei Galaticos e qui, obbedendo ai diktat di Guti e dell'ultimo Zidane, prima Luxembourg eppoi Lopez Caro «tecnici di una stagione fallimentare» lo trasformano in centrocampista/gregario con effetti disastrosi. Per sua sfortuna, Julio perde l'opportunità di giocare a Siviglia agli ordini di Juande Ramos e a Madrid con Capello. Il suo trasferimento estivo alla Roma - si dice come tappabuchi dopo il mancato acquisto di Adrian Mutu - coincide con il penoso avvio di campionato dei giallorossi e subito si parla di scelta fallimentare. I problemi tattici affrontati in ritardo e l'altalenante condizione di Totti inducono Spalletti a giocarselo in Champions sul difficile campo del Bordeaux dove segna una clamorosa doppietta; il successivo gol decisivo nel Derby gli ottiene la riabilitazione. Oggi «come spesso accade» registriamo il suo trionfo che passa agli archivi con un gol di rara bellezza e di notevole peso. Lo chiamo «Baptistuta», in fondo, soprattutto per augurargli tanti gol quanti ne fece il «Leone» di Reconquista.