All'Olimpico le stelle non brillano
Alla fine i bianconeri vanno a -3 dalla capolista, i biancocelesti conquistano un punto importante per il morale e per la corsa verso l’Europa. Steccano le stelle, da una parte e dall’altra restano a secco, così il pareggio è firmato da Ledesma e Mellberg.Lazio a trazione anteriore per scelta di Rossi e per necessità vista la mancanza di centrocampisti di qualità (Matuzalem è ormai entrato di diritto tra i casi studiati dall’organizzazione mondiale della sanità). Quindi, Za-Pa-Ro in attacco, Ledesma in cabina di regia e solita difesa con il rientro di Lichtsteiner al posto di De Silvestri, unica novità rispetto ai reduci di Reggio Calabria. Per la prima volta nella sua storia in campo un solo giocatore italiano per i biancocelesti, un record modello Inter. Tanti gli indisponibili nella Juve: Ranieri è costretto a spostare Mellberg sulla destra mentre vicino a Legrottaglie gioca il giovanissimo Ariaudo. A centrocampo guida l’indemoniato Sissoko mentre l’ex (fischiatissimo) Nedved agisce come al solito sulla sinistra dietro alla coppia Amauri-Del Piero. Si comincia con la Lazio all’arrembaggio e la Juve che aspetta. Meghni detta i ritmi, Ledesma è ispirato, il tridente fa paura, Rossi sorride in panchina. Ci prova subito Lichtsteiner con un destraccio dal limite senza grandi pretese ma è un segnale importante perché conferma che i biancocelesti sono in serata. Dall’altra parte poca Juve, troppo attendista, forse sorpresa dall’avvio veemente dei padroni di casa. Al 26’ punizione per la Lazio, calcia Ledesma a giro sul palo lontano, Manninger sbaglia il tempo dell’uscita e il pallone finisce in rete. Un errore clamoroso ma il vantaggio della banda di Rossi ci sta tutto. Anche perché dopo pochi secondi, con la Juve stordita come il suo portiere, Pandev sbaglia l’agevole tap-in a pochi metri dalla porta. È un presagio funesto perché la Vecchia Signora, se sbagli, ti castiga. Angolo innocuo, svetta Mellberg con Radu che perde la marcatura: 1-1 in cinque minuti, ingiusto ma la difesa della Lazio si conferma da oratorio sulle palle inattive. Sul finire del primo tempo sale in cattedra Morganti con alcune decisioni perlomeno discutibili: si dimentica il cartellino per Molinaro e Legrottaglie, poi punisce Dabo al primo fallo. E perdipiù ignora uno scontro aereo sospetto tra Lichtsteiner e Nedved, un colpo gratuito ma impunito. Si riparte con gli stessi del primo tempo e la Juve che prova subito con Sissoko a infilare la difesa laziale ma Carrizo è pronto alla respinta seppure in due tempi. La squadra di Ranieri cresce, la banda di Rossi è in affanno, solo Zarate riesce a far paura con una accelarazione chiusa con tiro fuori di poco. E allora fuori Meghni, dentro Brocchi per rinforzare un centrocampo non più brillante e aggressivo. Poco dopo c’è spazio anche per De Silvestri al posto di uno stanchissimo Dabo, Ranieri chiama fuori Zanetti, tocca a Marchisio. La gara diventa una battaglia, aumentano gli errori da entrambe le parti, si lotta su ogni pallone con furore. Alla mezz’ora Rossi toglie Zarate, l’argentino s’infuria (urla al tecnico «ma tocca sempre a me»), la gente pure: inspiegabile. Giovinco è l’ultima carta di Ranieri per Del Piero, applaudito da tutto lo stadio. Al 42’ corta respinta della difesa laziale, Legrottaglie cerca il gol della domenica, per fortuna di Carrizo il pallone si stampa sul palo. Nel recupero Foggia non arriva in tempo su cross invitante di Rocchi ma sarebbe stato troppo perché la Juve dimostra nella ripresa che è una grande squadra. Tutti contenti, soprattutto Mourinho per lo scampato pericolo.