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Molti presidenti di serie A chiedono ancora consigli a Moggi

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La tesi difensiva, che però non è mai stata quella di un difensore puro ma piuttosto di un centrocampista con ambizioni offensive, di Moggi è stata incentrata sul tema di una famosa operetta «così fan tutte!». Senza voler entrare nel dedalo delle ovvie considerazioni moralistiche credo che in primo luogo sia necessario chiedersi come sia stato possibile ad un vice-capostazione di Civitavecchia (lui ci tiene a precisare che il suo ruolo era un altro) diventare uno dei personaggi più importanti, più temuti e più odiati del nostro calcio. Moggi si è giustificato ricorrendo al principio della sua esigenza di doversi difendere, insomma di dover battere i suoi avversari sul tempo e di non poter essere la vittima dei sistemi che altri, prima ma non meglio di lui, avevano inventato. La domanda che ci dobbiamo porre però è questa. In quale ambiente ed in quali situazioni Moggi ha potuto costruire il suo impero ed il suo potere? Ancor oggi ci sono molti presidenti, anche importanti, che chiedono a Moggi un parere prima di effettuare un acquisto, una cessione, uno scambio. Un collega che stimo e che si è guadagnato una meritata stima tra i tifosi romanisti ed è anche collaboratore di questo giornale (Carlo Zampa) l'altro giorno ha detto per radio che se alla Juventus dovessero restituire i due scudetti che Cobolli Gigli e Tuttosport pretendono, lui non si occuperebbe più di calcio. Naturalmente non gli credo e gli perdono l'appassionata bugia perché lui conosce come me e come tutti che nel mondo del nostro calcio prima e dopo Moggi si è continuato (e si continuerà) ad imbrogliare in tanti modi. Si ritiene, a torto, che lo sport sia una zona franca dove il piccolo imbroglio, la simulazione, la tanto deprecata sudditanza sono regole ed abitudini contro le quali non si può fare nulla o quasi. La verità è che il sistema nel quale Moggi ha potuto costruire il suo impero non è cambiato e difficilmente cambierà. Dirigenti, arbitri, designatori, procuratori, devo purtroppo aggiungere anche giornalisti, sono tutti prodotti, naturalmente con gli opportuni e giusti distinguo, dallo stesso ambiente. L'intercettazione è uno strumento che qualche volta ripugna ma che in questa situazione è anche uno specchio straordinario e purtroppo sincero della disinvoltura con la quale il mondo del nostro calcio (ma probabilmente anche quello di altre discipline sportive) si muove.

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