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La Ferrari si "spoglia" per combattere la crisi

Ferrari F-60

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La Formula 1 ai tempi della crisi è una macchina che - a paragonarla a quelle tutte pinne, camini, deflettori e ali varie alle quali eravamo abituati - sembra una F3. Nuda, apparentemente più corta, la Ferrari F60 che ci lasciano vedere soltanto da lontano (o su internet) ha un'aria pulitina ma sempliciotta, linee eleganti ma ovvie, dettate come sono da un regolamento che ha imposto questa scarnificazione aerodinamica con l'obiettivo dichiarato di favorire i sorpassi e quello nascosto di tagliare letteralmente le ali alle scuderie più forti e rimescolare le carte del Mondiale. La Formula 1 ai tempi della crisi è un circuito del Mugello dove neppure una splendida giornata di sole richiama la folla che ti aspetteresti, visto che in pista ci va la nuova Ferrari, quella che punterà al nono e al decimo titolo iridati in undici anni. Costretta a ignorare la scaramanzia e a migrare qui, sul secondo circuito di casa, dalla neve ghiacciata che assedia la natìa Fiorano, la Scuderia sembra stavolta aver perso il fluido magico che strega le grande folle, perché sui prati che circondano l'asfalto i fans sono soltanto poche centinaia, e persino il Presidente Montezemolo, annunciato in arrivo, a un certo punto rinuncia alla trasferta. La Formula 1 ai tempi della crisi è una monoposto che emette il suo primo vagito alle 10.35 ma mezz'ora dopo è già ferma, rotta in chissà quale inedito dettaglio senza aver percorso neppure venti chilometri, apparente omaggio all'infausta tradizione del Mugello, che in passato ha ospitato la presentazione di due fra le più infelici Ferrari di tutti i tempi, quella del 1991 (nessuna vittoria) e quella del 2006 (una sola vittoria). Ci vorranno tre ore per rimetterla in condizione di giracchiare, sempre con Massa al volante e Raikkonen e il consulente Schumacher ai box. La Formula 1 ai tempi della crisi è un'Azienda come la Ferrari che sceglie di utilizzare il nome della sua nuova monoposto per sottolineare qualcosa che tutto il mondo già sa (F60 sta per sessantesima partecipazione al Campionato del Mondo numero 60), un atto di orgoglio che potrebbe essere scambiato per debolezza, perché se non si nutrissero dubbi su se stessi che bisogno ci sarebbe di urlare «noi siamo gli unici che ci sono sempre stati» quando si porta sul muso un simbolo eloquente quale il Cavallino Rampante? La Formula 1 ai tempi della crisi è, in definitiva, un colossale punto interrogativo. Che campionato sarà, quello che da fine marzo a novembre ci proporrà la valanga di novità imposte per regolamento e così difficili da metabolizzare in così poco tempo dai team? L'interrogativo è talmente grande da trasudare persino dall'espressione del volto e dalle parole dei dirigenti e dei tecnici ferraristi che, non del tutto proprio agio, si sforzano di descrivere l'indescrivibile con espressioni quali «il 2009 sarà una stagione particolare, intensa e ricca di momenti-chiave, politici e sportivi» oppure «ci vorrà un po' di tempo per cominciare a capire dove siamo noi e dove sono gli altri team» (Stefano Domenicali, direttore della Ges); «permetteteci di non essere trasparenti» (Nicholas Tombaszis, chief designer, a proposito di prove aerodinamiche segrete che la Ferrari avrebbe svolto in una galleria del vento nordamericana anziché in quella di Maranello). Interrogativi, incertezze, novità, balbettìi. D'altronde, il cambiamento imposto dal faticoso compromesso raggiunto fra i team aderenti alla FOTA e poi tra la FOTA e la Federazione Internazionale è talmente recente che le cose non possono che andare così. E di certo non vanno così soltanto alla Ferrari: ce ne accorgeremo nei prossimi giorni, quando toccherà alle altre squadre presentare le loro monoposto e portarle in pista. La Ferrari, se non altro, ha qualcosa che gli altri non hanno: la forza della tradizione e la capacità di adeguarsi al nuovo senza smettere di essere se stessa. «Il nostro obiettivo è quello di stare sempre lassù, e abbiamo migliorato la nostra struttura per riuscirci anche quest'anno. L'importante è tenere i piedi per terra e lavorare con umiltà», ha detto Domenicali, e questa, crisi o non crisi, è una garanzia.  

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