Chi ama i giudizi trancianti, definitivi, spesso sommari ...
Cade nel teorema accusatorio l'associazione per delinquere, che - anche e soprattutto nel processo del filone napoletano, quello dei pm Narducci e Beatrice - ha convinto tanti se non tutti che il nostro calcio dalla fine degli anni '90 all'inizio del terzo millennio fosse completamente fasullo. Il processo penale, il primo, almeno per quanto riguarda la società dei procutari sotto nome di Gea World, dice che non è così. O meglio, non porta prove sufficienti per dimostrare questo teorema, che dunque cade. Senza addentrarci nello scivoloso percorso della giustizia, possiamo affermare che questo primo passo dell'iter processuale relativo allo scandalo del nostro pallone ribadisce un concetto che molti, spesso, hanno messo in grande discussione: la diversità profonda tra la giustizia sportiva da quella definita, impropriamente, ordinaria. Nella vita di tutti i giorni il giudizio morale su una persona attiene ad una considerazione filosofica, non certo penale. Nello sport questo confine, per tante (ovvie) ragioni, cade. Partecipare ad un gioco, anche se diventa business, industria, impone delle regole. Anche morali. Come quella della lealtà. Termine vago, eppure basilare, per stabilire il confine tra quello che è lecito fare oppure no. La vicenda della Gea e poi quella delle intercettazioni ha mostrato spesso la cattivissima abitudine ad un comportamento spericolato ai margini e dentro la gestione del calcio italiano. Non possiamo dire se le sentenze sportive siano state giuste o meno. È materia che attiene ai giuristi, agli esperti delle questione legali, anche se limitate all'ambito sportivo. Di sicuro, però, tutti gli appassionati, gli «sportivi», di fronte al testo di quelle arcinote telefonate, ha avuto un moto di indignazione, di rigetto, di disagio se non addirittura di disamore. Sentimenti che non devono certo portare in carcere i protagonisti senza una condanna, ma che non può o non deve essere ignorata. Il potere della famiglia Moggi nel calcio italiano di qualche stagione fa non era una leggenda, ma un dato di fatto. Credere di contro che fosse solo lui con i suoi parenti e amici l'unico Uomo Nero di quello stesso mondo è solo una ingenuità, se non addirittura una ipocrisia.