Questo 2008 lo chiudiamo «sopra»
Corollario bis: il fallimento della squadra più forte del mondo è stato in gran parte provocato dallo scherzetto che gli abbiamo fatto noi nel derby del 19 marzo. Ogni giudizio serio sul 2008 della Lazio (e dei laziali) non può prescindere da questa duplice, consolatoria premessa, che sparge una sedativa luce pastello sui grigioscuri di un'annata così ricca di contraddizioni da risultare, altrimenti, indisponente e irritante. Perché non c'è dubbio che il potenziale della squadra biancoceleste dello scorso campionato - e ancor più quello della squadra di quest'anno - avrebbero potuto e dovuto produrre ben altri risultati. Non è il caso di rivangare scendendo nei particolari, ma è un fatto che, alternando momenti esaltanti a deprimenti scempiaggini, la Lazio ha sostanzialmente deluso i suoi tifosi, gente che notoriamente non chiede la luna ma che dai propri beniamini vorrebbe, se non altro, dedizione e concentrazione costanti. Se ciò non è stato possibile né nello scorso campionato né, nonostante l'esaltante avvio, in quello in corso, è evidente che ci sono problemi e che le solite spiegazioni (infortuni, arbitraggi, sfortuna, rivalità interne) non ne colgono il nocciolo. Fra le poche cose che mi sembra di aver capito dello sport dopo una vita trascorsa ad occuparmene c'è la tendenza delle squadre ad assumere le caratteristiche caratteriali del loro allenatore (per stare all'oggi, l'Inter è scorbutica e tignosa come Mourinho, la Roma intelligente e permalosa come Spalletti, eccetera). La Lazio mi sembra avere tutti i pregi e tutti i difetti di Delio Rossi, un tecnico bravissimo nel costruire ma talmente innamorato di questa parte del proprio lavoro da non essere capace, poi, di gestirne in modo adeguato il frutto. Ecco perché, secondo me, finché non cambierà mano la Lazio è destinata a restare la splendida promessa incompiuta che ci ha fatto delirare e disperare in questo 2008 a singhiozzo.