Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Non è più una boxe per giovani

Esplora:
default_image

  • a
  • a
  • a

Foreman ne aveva 47 quando nel 1995 ha battuto il tedesco Axel Schultz. Ieri notte a Zurigo Evander Holyfield (46 anni) ha combattuto per una delle versioni del titolo dei massimi ma le motivazioni, che sembrano quelle economiche, non sono certamente le migliori. Anzichè cercare altri esempi nella storia della boxe limiterò la mia ricerca al giardino di casa nostra. Senza voler tentare una discutibile e comunque personale classifica, i migliori pugili italiani sono stati (in ordine alfabetico) Bruno Arcari, Nino Benvenuti e Duilio Loi. Ebbene questi tre campioni hanno disputato il loro ultimo incontro quando avevano 33 anni (Loi e Benvenuti) e 36 Arcari. Lodevolmente Arcari e Loi si sono ritirati da campioni del mondo, Benvenuti si è dovuto arrendere alla strapotenza di un fuoriclasse come Carlos Monzon. Facciamo un salto in un paio di generazioni. Qualche settimana fa Giacobbe Fragomeni (39 anni) ha conquistato una delle cinture dei massimi leggeri, l'altra notte a Milano mentre Gianluca Branco ha conservato il titolo europeo dei superleggeri il suo coetaneo il trentottenne Paolo Vidoz ha abbandonato di fronte all'inglese Matt Skelton, un ex lottatore di 41 anni diventato pugile quando di anni ne aveva già 35. Branco ha superato per ferita un finlandese di modesta qualità, Juho Tolppola, già battuto nella sua carriera da due italiani di seconda fila, Orlando e Di Rocco. Branco vorrebbe una terza chance a livello mondiale ed è anche possibile che nell'ampio ventaglio dei troppi campioni la trovi ma mi è difficile pensare che a 38 anni sia migliore di quando ne aveva dieci di meno. Sull'incontro di Branco vorrei aggiungere una notazione. Il pugile di Civitavecchia aveva riconquistato il titolo europeo nel maggio scorso a Torino battendo ai punti, con un verdetto non unanime, l'inglese Colin Lynes. Nulla di strano, è normale che in un incontro equilibrato la giuria finisca per favorire il pugile di casa tuttavia è curioso, ai limiti del sospetto, che a Milano i giudici, ai quali una ferita ha evitato la formulazione di un verdetto, fossero esattamente gli stessi del match di Torino. Non si può escludere che questo invecchiamento del pugilato e dei suoi protagonisti sia dovuto al frazionamento delle categorie e delle sigle che consente carriere titolate a pugili mediocri. Quando c'erano meno divisioni di peso ma soprattutto un solo campione per ciascuna categoria la selezione era più severa, i migliori erano costretti ad affrontarsi.

Dai blog