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di ITALO CUCCI

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Giocar bene: cosa vuol dire? Azzeccare la formazione e dare spettacolo? Ma tanta superiorità non esiste se non si concretizza in gol vincenti. Giocar bene e perdere è motivo di salamelecchi da intervista televisiva: «Caro Rossi, buona sera e tanti complimenti: la sua Lazio ha giocato benissimo». Se Rossi ci sta, prima o poi arrivano le domande assassine: «Non le sembra che la sua squadra - pur schierata benissimo - abbia avuto poco coraggio? E Zarate, mi scusi, non gioca forse per se stesso?». Sarebbe come chiedergli «ma lei cosa ci sta a fare con questi tremebondi solipsisti?». Complimenti? Complimenti alla Roma. Che ha giocato male, ma tanto male che nel primo tempo ha avuto tutte le occasioni da rete buone e poi la firma dell'unico gol di un derby così così l'ha messa un giallorosso, Baptista, uno che quando gli fanno complimenti lo chiamano «Bestia». A mio modo di vedere calcio la Roma ha avuto - passatemi la banalità - il coraggio della paura. Ovvero tanta umiltà da affrontare un derby disperato cancellando dalla mente e dal cuore il ricordo della propria grandezza. E non parlo di una Roma antica, solo di una squadra che pochi mesi fa andava alla grande, e vinceva al punto di meritarsi uno scudetto, e a modo suo insegnava calcio anche se in questo paese calcisticamente siam tutti professori. Modesta Roma (non Roma modesta): chi l'avrebbe mai detto? Chi avrebbe mai convinto Totti a giocare una partita di cui non era più superstar e invece coprotagonista con tal Zarate bravo e bello ma nato ieri? Chi avrebbe immaginato una squadra così severamente impegnata a costruirsi un gol e altrettanto concentrata nel difenderlo? Avevo detto, che per tirarsi fuori dai guai i giallorossi dovevano buttare alle ortiche gli orpelli di un passato glorioso e farsi oscuri operai. Ci sono riusciti. E hanno ripetuto la gran soiré e del Chelsea. L'Italia gli starà un po' stretta, l'Europa può inseguirla fino in fondo. E adesso, sinceramente: complimenti.

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