Dario Nicolini MILANO Si ...

Per invitare al silenzio chi per oltre novanta minuti l'ha disturbato con le sue critiche, forse coi suoi inviti ad andarsene perché la sua Inter non convince, anche quando vince. Proprio come fece Mancini nel gennaio 2005, con la famosa rimonta dallo 0-2 al 3-2 dei nerazzurri sulla Sampdoria a San Siro che lo fece sbottare come Mourinho ieri. Reazione peraltro comprensibile, considerando la tensione che vive chi per l'intera durata dell'incontro vede la sua formazione bloccata in attacco, anche per merito di un Udinese forte e compatta. Il triangolo di Vieira con Ibra che lo manda al tiro, finito a lato, al decimo è poca cosa. Meglio, molto meglio la squadra di Marino. Il destro da fuori di Inler, parato in due tempi da Julio Cesar, è un primo segnale. L'attacco nerazzurro non rende, la potenza di Ibra si vede solo quando con una spallata decisa quanto regolare si libera in area di Inler e tira una botta forte ma troppo centrale per sorprendere Handanovic. Poi c'è più Udinese. Come a inizio ripresa quando uno slalom di Floro Flores fa venire i brividi a Moratti, e i piedi di D'Agostino, oltre alla testa di Domizzi, spaventano e non poco i nerazzurri. Che non smettono di sognare il successo che varrebbe doppio, contro una diretta rivale. Che continuano a provarci nonostante le gambe comincino ad appesantirsi e gli ingressi di Stankovic e Obinna non danno poi quella gran mano che l'allenatore portoghese si aspettava da loro. Il palo di Zanetti con una gran botta da fuori è la più nitida delle occasioni per passare, ma sembra anche quella che dice addio alle speranze di successo dei nerazzurri, contro una squadra che negli ultimi anni è sempre stata un po' la sua bestia nera. Invece nel tempo di recupero arriva il corner di Obinna, il ponte aereo di Ibra e il solito, immenso Cruz che anticipa tutti, anche il compagno di squadra Cordoba, e da ddentro l'area piccola riesce a mettere a segno il solito colpo decisivo, pesantissimo per classifica e morale. Quello che fa saltare in area anche il compassato Mourinho, che poi si affretta a sfogarsi col pubblico. A ben vedere non è cambiato granché dai tempi di Mancini: è sempre Cruz che decide, e permette al tecnico criticato e un po' in difficoltà di toglersi qualche sassolino dalla scarpa. Ma non ditelo a Mourinho: lui è speciale, i paragoni, tutto sommato anche lusinghieri con chi ha vinto tanto su questa panchina, lo offendono a prescindere, per definizione.