Dario Nicolini L'Italia non avrà ...
Che subito suscita la replica sarcastica di Galliani («Io tralascerei i brividi: nazionali, o internazionali»), ma che soprattutto sembra un voler distogliere l'attenzione, e la pressione, dai tentennamenti in campo della sua squadra. Alla Mourinho, appunto. Il quale invece pensa già alla Champions di stasera a Cipro, contro l'Anorthosis Famagosta. «Un pari andrebbe bene lo stesso - spiega Mourinho - perché poi resterebbero due partite da giocare: con una vittoria contro il Panathinaikos, in casa, chiuderemmo il discorso. Ma il nostro obiettivo è qualificarci e con tre punti subito sarebbe fatta. E poi finendo il girone al primo posto potremmo giocare il ritorno degli ottavi a San Siro». Oltretutto che figura ci farebbe uno che ha e proclama la sua mentalità vincente ad andare a Cipro per lo zero a zero. Anche se con l'Anorthosis si soffre, all'Inter lo sanno e l'hanno capito anche analizzando le gare col Panathinaikos e il Werder. Poi mancherà Adriano, per scelta tecnica. Anche se la porta del perdono, dopo Cruz, si sta aprendo anche per lui. «Spero ancora - chiarisce lo Special one - che ci sia la possibilità per lui di fare qualcosa di importante per noi in Champions. Per domani sera (stasera per chi legge, ndr) lui non è stato convocato. Ma ci sono altre due gare, e io penso che voglia esserci. E se lo vuole, ci sarà». Chi non manca mai invece è Ibrahimovic, che contro la squadra di Ketsbaia dovrebbe ritorvarsi Quaresma e Balotelli come supporto offensivo. Soprattutto dopo la disastrosa prova di Mancini che a Reggio ha giocato malissimo. Il dubbio Cambiasso è l'unica vera incertezza: se ci sarà Zanetti scala in difesa per coprire l'assenza dell'infortunato Chivu, altrimenti giocherà a centrocampo con Stankovic e Vieira, con Burdisso centrale in difesa e Maxwell in fascia. Dubbi che certo non toglieranno il sonno all'allenatore portoghese dell'Inter, che però continua a lamentare il suo malessere nei confronti dell'Italia. «Per farvi capire, torno ancora su un fatto, poi non ne parlerò mai più. A Reggio, finita la partita, ho dato a un bambino un crocefisso che tenevo in tasca da quando avevo vinto la Champions. Per me voleva dire tanto. Subito sono stato attaccato, senza neanche il beneficio del dubbio: si è detto che gli avevo dato una moneta. Ecco, se volete saperlo, questo è il mio modo di sentirmi in Italia». Non certo incoraggiante, dopo solo quattro mesi. Anche per questo è meglio continuare a vincere. Per tutti, ma soprattutto per lui.