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Ieri mattina la seconda puntata. Poca gente, ma arrabbiata al punto giusto. Alle 11 quaranta persone si aggirano attorno alle mura del «Bernardini». La squadra si allena sul campo centrale, impossibile vederla da fuori. E allora i tifosi la buttano sull'ironia e attaccano un cartello «vendesi» accanto al cancello, fissando il prezzo della Roma: 230 milioni trattabili, in regalo anche Spalletti, rivolgersi a Rosella Sensi. Finisce la partita degli Allievi: 7-0 contro l'Isola Liri. Almeno i ragazzini giallorossi vincono. «Noi invece ora perderemmo pure col Pomezia - si dicono due - ora vedrete che la società venderà i giocatori migliori per ripagare i debiti». «Non si possono fare due mesi di ferie - accusa un altro - questi non corrono più». Intanto è terminato l'allenamento e i tifosi sono rimasti in quindici. Ma ne bastano un paio di loro per scatenare la contestazione. Il ritiro è sospeso, i giocatori escono con le rispettive macchine. Il primo è De Rossi. «Sembra che non ce la fate più, che vi succede? - gli chiedono - Il problema è Spalletti?». «Non so che dirvi» la risposta quasi rassegnata del giocatore che sta soffrendo di più in questo momento nero. Scattano gli applausi, poi gli insulti per Mexes che non si ferma e sgomma pur di evitare il gruppetto di romanisti. Il momento di maggiore tensione all'uscita della Mini con a bordo Perrotta e Tonetto. «Vi rompiamo il c... se non vincete col Chelsea - urla il più esagitato - basta, ci avete stufato, siete ridicoli. Del Piero vi prendeva in giro al 92', a Siena Frick vi ha preso a martellate. Ci state mandando in serie B, svegliatevi sennò sono sono c... vostri». Tonetto prova a rispondere «Queste sono minacce, non servono a niente». E giù altri insulti. Perrotta spiega che la squadra «non si spiega cosa sta succedendo. Dobbiamo ritrovare l'entusiasmo e possiamo farlo solo attraverso i risultati». Arrivano i poliziotti che presidiano Trigoria sin dalla mattina e scatta il chiarimento: il confronto più acceso finisce con gli applausi. Anche Panucci riesci a conquistarsi l'approvazione dei tifosi con poche parole: «Sto male, non dormo, ma questa squadra può ribaltare tutto in dieci giorni». È tempo di mantenere le promesse. Arriva Menez, al suo fianco Loria. Il francese è impaurito, provano a parlargli nella sua lingua e gli chiedono di tirare fuori il cuore. Menez fa sì con la testa. Poi se la prendono con Loria. «Non fare sta faccia, tu non c'entri, non è colpa tua» attacca uno, ma da dietro piovono gli insulti: «Sei una pippa, non potresti giocare neanche nell'Acilia. Meglio che fai il pugile, me sembri Cantatore». A Montella i romanisti hanno poco da dire, al contrario dei brasiliani: nella macchina guidata da Cicinho c'è Artur e dietro, nascosto dai vetri scuri, Juan. Al terzino chiedono se vuole restare a Roma, lui ha lo sguardo terrorizzato e non capisce una parola. Il rimprovero a Juan è duro: «A Leverkusen stavi sempre bene, adesso invece te ne vai in Brasile quindici giorni e torni infortunato. Ti paghiamo noi, ci hai stufato». Brighi è il più osannato. «Sei l'unico che corre, bravo Matteo». Tempestilli è l'unico rappresentante della società a fermarsi. «È il momento di lavorare sodo», spiega.Grande freddezza, invece, nel confronto con Aquilani che dice di essere dispiaciuto. «Basta con queste solite frasi - gli replicano - tu devi ringraziare che siamo così buoni con voi». Mentre Spalletti fa entrare il gruppetto di contestatori, esce Taddei e un tifoso preferisce parlare con lui. «Eri il cuore della squadra, ti voglio rivedere con la bava alla bocca» gli grida. Poi guarda l'amico e fa: «Vado a casa, mi aspettano i cannelloni con la besciamella di mamma». Altro che Roma, lei non ti tradisce mai.