Finalmente gioca una lina difensiva meno precaria
Domani una svolta, magari puramente nominale, nell'auspicio però di riscontro concreti, tutti da verificare. L'eventualità potrebbe materializzarsi domani sera all'Olimpico di Torino, dove si riproporrà la sfida più classica degli Anni Ottanta: legata a ricordi quasi sempre poco piacevoli, a episodi inquietanti ai quali avrebbe dato una spiegazione attendibile, molto tempo dopo, lo scandalo di Calciopoli ora al vaglio della giustizia penale. A partire dal più celebre e più moviolato degli eventi, quel gol di Turone che avrebbe consegnato il titolo alla Roma e che una terna arbitrale, capeggiata da un assicuratore che avrebbe venduto polizze a Giraudo, cancellò a beneficio della Juve. Domani, dunque, atteso un fatto senza precedenti stagionali: in campo una Roma con tutti gli interpreti della passata stagione, per una volta tanto nessun turbamento dei tanti provocati dal ricorso ai frutti estivi, rivelatisi così poco commestibili. Si era detto, al termine dello scorso campionato, quello dei record storici, che ci sarebbe voluto un miracolo per migliorare quella formazione: esigenza primaria l'interpretazione dei ruoli, tabù per le novità in arrivo. Perplessità alle quali il disastroso avvio avrebbe purtroppo dato ragione in maniera fin troppo pesante. Ma nel durissimo impegno torinese la vecchia Roma, finora mai collaudata nei limiti delle risorse attuali, dovrà soprattutto dare onesta testimonianza della condizione dei suoi protagonisti. Per esempio, quelli come Perrotta e Taddei, finora in evidente imbarazzo, ma anche come un Totti fin troppo bravo in relazione alle risorse odierne, o di un Vucinic alla ricerca di quel copione da risolutore che lo aveva esaltato. Ma Spalletti si affida in primo luogo a una linea difensiva meno precaria: non ancora quella che aveva in Chivu un regista insostituibile, ma almeno all'altezza delle doti innegabili che vanno riconosciute a Juan, a Mexes, al ritrovato Tonetto, ultimo tassello da scegliere tra Panucci, l'uomo che non tradisce mai, e Cicinho, che invece fedelissimo non può definirsi. Speranze, insomma: di quelle si è costretti a vivere.