Ventinove anni fa l'assassinio di Vincenzo Paparelli
Si celebra oggi il ventinovesimo anniversario della scomparsa del tifoso biancoceleste ucciso dentro allo stadio Olimpico. Poco prima delle 13.30, quando mancava più di un'ora all'inizio della partita, dalla Sud una scia nera sibillante parte nei pressi dello striscione «Club Somalia» verso la Curva Nord, ma la traiettoria cambiata dal vento fece slittare il mortaio sopra il tabellone. Poi un altro «fischio». Parabola diversa ma andò fuori lo stesso. Infine un terzo, sempre un razzo antigrandine. Questa volta con traiettoria tesa, senza parabola. Fa un percorso di 150 metri nell'aria. Colpisce Vincenzo. Per l'uomo, trasportato subito in ospedale, non ci fu nulla da fare: il razzo lo aveva centrato in pieno volto causando lesioni gravissime. Accanto a lui c'era la moglie Wanda che gli rimase vicino fino all'ultimo istante. I gol di Zucchini e Rocca passarono inosservati, l'atmosfera allo stadio rimase irrespirabile per tutto il pomeriggio. Il responsabile del lancio del razzo omicida fu presto individuato ma rimase per lungo tempo latitante: si trattava di Giovanni Fiorillo, un ragazzo di soli 18 anni, più noto nell'ambiente curvaiolo con l'appellativo di «Tzigano». Morì nel 1993 forse per overdose, forse consumato da un brutto male: qualche anno prima era stato condannato a sei anni di carcere per omicidio preterintenzionale ma la sua vita era segnata dal rimorso. Di quella tragedia rimane il dolore dei familiari, ancora qualche scritta sui muri della città e una targa in curva Nord posta quattro anni fa grazie all'interessamento dei tifosi più che per merito delle autorità. Quella morte non è bastata a fermare la scia di sangue nel calcio. Lui. Sal.