Gianfranco Giubilo Una storia che ...
Partiamo allora dal mezzo pieno, a mio avviso il giudizio più ragionevole dopo la serata londinese, nella quale la Roma ha sfiorato la riconquista di unanimi affetti, prima che quella distrazione nel controllo di John il Terribile capovolgesse gli umori. Già l'avvilente incursione dell'armata nerazzurra all'Olimpico aveva comunque prodotto qualche segnale non del tutto negativo, il primo tempo giocato alla pari prima della bambola dell'avvio di ripresa. La Roma era di scena nello spendido impianto che sta regalando al Chelsea un incredibile primato di imbattibilità. E se la formazione di Scolari era priva di pezzi da novanta come Essien, Drogba e Ballack, l'organico romanista vedeva a sua volta dilatarsi, perfino a poche ore dal match, i suoi problemi, infermeria affollata e superstiti non al massimo. Impossibile chiedere alla Roma di esprimersi, in questo momento delicatissimo, secondo le qualità che l'avevano proposta all'ammirazione generale, con gli interpreti ideali della manovra fermi al palo oppure in visibile calo atletico. Qualche progresso si è visto, riconducibile soprattutto al ritorno di Totti, il migliore negli ultimi due sfortunati episodi pur disponendo di risorse limitate, ma soprattutto è emersa, secondo le testimonianze di chi ha seguito la trasferta londinese, una volontà di ricompattarsi da parte di un gruppo che stentava a palesare l'antica unità di intenti. Molti, nell'irritazione dettata dall'ennesimo risultato negativo, tendono a dimenticare come Doni abbia dovuto impegnarsi a fondo in una sola occasione, dopo che l'autentica palla-gol l'aveva mancata la Roma con l'inserimento di Brighi sull'invenzione del capitano. E infine, per chiudere le note meno dolenti, il risultato di Bordeaux che apre prospettive confortanti per il passaggio del turno, di rilevante incidenza economica, come lo sarebbe anche un arrivo tra le prime quattro in campionato. Ma, logicamente, è doveroso dedicare attenzioni anche alla parte più critica del tifo che non riesce a mandar giù, soprattutto, come per la prima volta, nel quarto anno dell'era Spalletti, per tre partite consecutive non è giunta una sola espressione numerica di quel potenziale offensivo che aveva garantito alla squadra posizioni di privilegio nelle realizzazioni stagionali. Questo perché la Roma era sempre andata in gol attraverso una manovra della quale si intravedono per ora, e poi in lampi fugaci, soltanto modeste espressioni. Non incoraggia l'ottimismo neanche il terribile calendario che attende la squadra fino alla sosta natalizia, serie di impegni pesanti senza un attimo di respiro, mentre la catena di infortuni determina già allarme rosso, Pizarro in bilico, Juan un mistero, Aquilani fuori per tre settimane. La trasferta di Udine da affrontare ancora a ranghi rivoluzionati, potrebbe dare una mano al recupero di Tonetto, anche se i reduci da infortuni non hanno alle spalle ritmi di lavoro adeguati. Per non dire della fase involutiva di Taddei e Perrotta, in altri tempi ferrei custodi delle chiavi del gioco e adesso balbettanti tra guai ricorrenti e declino fisico. Dei nuovi acquisti, si è visto poco e niente: il solo che offrisse garanzie, per storia e per anagrafe, quel Julio Baptista il cui recupero è lontano, dagli altri segni di vita irrilevanti. E questo era il bicchiere mezzo vuoto, preferisco l'altra versione, la fiducia in una rinascita tuttora possibile.