La crisi finanziaria che sta ...
Mi spiego meglio. Parlare di «riduzione dei costi», in F1, è pura retorica. La F1 non è il calcio (lì sì, che i costi andrebbero ridotti!), dove la maggior parte dei club sembra essere impegnata in una gara a chi regala più soldi ai giocatori e ai loro procuratori e tutti hanno i bilanci in rosso. In F1 i team - spesso emanazione di colossi industriali - sono gestiti come aziende serie e nessun manager può spendere più del budget che gli viene assegnato. Certo, le spese sono enormi, spesso folli. Certo, gli ingegneri sperperano milioni di euro a decine nell'inconfessato sogno di mettere in pista macchine talmente perfette da non aver bisogno del pilota, maxi-balocchi ipertecnologici con i quali giocare fra loro a chi è più intelligente. Certo, tutto è elefantiaco e apparentemente insensato. Però nessuno sta correndo verso il baratro col sorriso sulle labbra, come vorrebbero farci credere. Perché in realtà il ritorno mediatico globale della F1 è talmente elevato che, dovessero comprarseli acquistandoli sotto forma di spot tv e di pagine di giornale, Mercedes, Toyota, Bmw, Renault e compagnia bella spenderebbero in spazi pubblicitari assai di più dei 200-250 milioni l'anno che spendono nelle corse. La F1 conviene, questa è la verità. E poi la «riduzione dei costi», ci sarà lo stesso. Nei prossimi anni la crisi in atto taglierà in modo sensibile la quota di risorse che i team riceveranno dalle sponsorizzazioni e ciò si rifletterà sui budget, decurtandoli. Meno soldi a disposizione, meno costi. Gli ingegneri si divertiranno di meno, il pubblico probabilmente di più. Però la semplificazione tecnologica sarà un fenomeno «naturale», non indotto a forza dall'alleanza fra il presidente della Fia Max Mosley, il suo vice Bernie Ecclestone e i team più sfigati. E soprattutto non basato su un autentico abominio quale la pretesa di far correre Ferrari e Mercedes con lo stesso motore, magari costruito low cost nel terzo mondo. Voi direte: «Ma perché Mosley, Ecclestone e soci vogliono tutto ciò? Che obiettivi hanno?». La risposta è facile: fino ad oggi i due si sono arricchiti grazie agli investimenti dei Costruttori, scremando una parte preponderante dei ricavi della F1 (diritti tv, in particolare) senza cacciare un centesimo; mentre ora è nata la FOTA, l'associazione dei costruttori presieduta da Montezemolo, che vuol ridiscutere tutto. Con la scusa della «riduzione dei costi» Max & Bernie fanno la voce grossa per trattare da posizioni di forza. E poi, scusate, non vengano a prenderci in giro, 'sti signori... C'è qualcuno che ha dei dubbi su chi sarebbero i veri proprietari della fabbrica dei motori «uguali per tutti» che, qualora il gatto e la volpe la spuntassero, i team dovrebbero obbligatoriamente comprare per correre in F1?