Non c'è più quel punto di riferimento
Di quelli veri, non il mago brasiliano di Vanna Marchi, di quelli cioè che puntano e vanno alla cassa, confortati dal volto amico della sorte. Segnali negativi forti, per questa stagione che pure, in base alle sensazioni regalate dal campionato scorso, avrebbe dovuto rappresentare una sorta di rivincita sul mondo intero. La scomparsa di Franco Sensi non ha lasciato soltanto il gelo nel cuore di tutti i romanisti, ma in realtà ha prodotto riflessi devastanti. Perché il Presidente del secondo scudetto rappresentava, nonostante la sua operatività fosse limitata dai problemi di salute, un punto di riferimento carismatico per tutti, una sorta di guida spirituale che trasmetteva taciti messaggi di grande valore. Chiaro che questo risvolto sentimentale non deve costituire un alibi per un momento addirittura indefinibile, se non si vogliono scomodare termini pesanti. Come non rappresenta un alibi, lo ripeto, il mancato arrivo di Adrian Mutu: che nella stagione scorsa, quando i romanisti offrivano il più bel calcio del continente, non era da queste parti. Rimango convinto che la campagna estiva non sia stata proprio indirizzata alle esigenze primarie. E non ci si lasci abbagliare dalla provenienza di arrivi teoricamente di buon livello: che io sappia, il Real Madrid non è un ente di beneficenza, i suoi scarti difficilmente vanno ad arricchire un organico importante. Punto dolente, secondo me, il famoso tetto degli ingaggi, che poi è una presa in giro se è vero, come è vero, che in qualsiasi club i più bravi guadagnano bene e gli altri assai meno. Un tetto contro il quale la Roma, costretta a deroghe significative, ha finito con lo sbattere la testa, nessuna altra fromazione di primo livello ha perduto, in due anni, due campioni della levatura di Chivu e Mancini, andati infine a irrobustire quella che doveva essere la rivale numero uno. Altrimenti, meglio adeguarsi a vivacchiare, con qualche impennata ma senza sogni di gloria.