Simone Pieretti s.pieretti@iltempo.it Sarà la stagione del ...

Ci sono le premesse per fare un ottimo campionato? «Voglio dimostrare a tutti qual è il vero Mauri. La stagione scorsa è stata condizionata dall'infortunio. Mauri, quello vero, è il giocatore che ha contribuito insieme ai compagni a portare la Lazio in Champions». Sulla panchina della nazionale è tornato Lippi: la maglia azzurra resta nei suoi pensieri? «Ci penso sempre, ma nessuno ti regala niente. In questo momento non posso essere preso in considerazione, arrivo da una pessima stagione ed è giusto che Lippi chiami altri giocatori. Tornare in Nazionale è uno dei miei obiettivi». Al di là della delusione è arrivato anche qualche fischio. «Quest'anno è ricominciato nel migliore dei modi: convincerò i tifosi della Lazio che il vero Mauri è quello visto due anni fa. I tifosi mi hanno fischiato, ci sono rimasto un po' male, ma i fischi, in parte erano giustificati. Sul mio conto giravano troppe leggende metropolitane, è questo quello che mi ha dato più fastidio». C'è entusiasmo intorno alla nuova Lazio. «Si è creato un bellissimo gruppo in ritiro, c'è voglia di riscatto. Siamo partiti con il piede giusto, anche se il primo tempo di Cagliari non è stato convincente. Il bel gioco arriverà: per il momento conta vincere». Tanti volti nuovi in questa Lazio: che impressione le hanno fatto? «Conoscevo già Matuzalem, avevo giocato con lui ai tempi del Brescia e ancora non riesco a capacitarmi di come le grandi squadre lo abbiano lasciato andare allo Shaktar. Sono convinto che ci farà fare un ulteriore salto di qualità. Carrizo mi ha impressionato molto: ha carisma. Poi c'è Zarate che ha delle qualità incredibili: siamo competitivi». Dove può arrivare questa Lazio? «Un club importante come il nostro deve avere obiettivi ambiziosi. La squadra dovrà lottare per tornare in Europa. Il presidente ha acquistato ottimi giocatori, ora dipende tutto da noi. Anche nella passata stagione avevamo una buona squadra, poi è andata come è andata...». É questo il suo più grande rimpianto? «No. Il più grande rimpianto è la traversa colpita nel derby vinto per tre a zero: per fortuna segnammo ugualmente con Mutarelli». Il calciatore più forte con cui ha avuto modo di giocare? «Roberto Baggio. È un esempio dentro e fuori dal campo, un ragazzo straordinario». Il suo idolo da bambino? «Marco Van Basten. Era un giocatore fenomenale, un esempio per tutti». A proposito di ruoli, il suo è molto particolare nella Lazio di Rossi. «Mi ritengo un centrocampista offensivo, anche se posso occupare diverse posizioni in mezzo al campo. ho un ruolo atipico, anche per le caratteristiche degli altri attaccanti. Rossi mi chiede spesso di accentrarmi per andare sui rilanci del portiere. Parto come esterno, ma la mia indole è quella di convergere in mezzo. Sono duttile, contro il Cagliari, nel secondo tempo, ho giocato come interno a sinistra dei tre di centrocampo. É un ruolo che mi piace, anche se credo sia difficile sostenere sempre il peso delle tre punte». Per chiudere, mi dica l'allenatore più importante che ha avuto in carriera. «Preferisco non rispondere, perchè fare un unico nome significherebbe mancare di rispetto a qualcuno. Penso a quelli che ho avuto quando ho giocato nei campionati di Promozione ed Eccellenza, a de Biasi che ho avuto nel Modena e che mi ha fatto esordire in serie A con il Brescia. A Cosmi che ho avuto per sei mesi a Udine e Rossi con cui continuo a lavorare quotidianamente. Mi sento di ringraziarli tutti».