Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Lippi riparte da Berlino

Esplora:
default_image

  • a
  • a
  • a

Ora che ha ritrovato la sua Nazionale, per di più con lo scudetto Fifa di campioni del mondo, scopre quanto valga il modello di Germania 2006. «Dopo Atene 2004, all'inizio della mia prima avventura azzurra, dissi che le ragazze della pallanuoto campionesse olimpiche erano il modello della mia Italia - è stata l'amara analisi del vecchio-nuovo commissario tecnico, al primo ritiro azzurro per una partita ufficiale - ora Pechino 2008 ha mostrato difficoltà a fare squadra, come uno specchio del nostro Paese. E allora il modello è la mia Nazionale di Berlino». Non c'è più un Setterosa da prendere ad esempio. E non c'è neanche una vittoria di gruppo che gli sia rimasta impressa dalle ultime Olimpiadi, che pure Lippi ha seguito svegliandosi alle 4.30 («Che oro, quello di Schwazer: e che imprese Phelps e Bolt»). «A livello di squadra, dalla pallavolo alla pallanuoto, stavolta l'azzurro è stato deficitario - è la riflessione di Lippi, nel passaggio dall'estate dei Giochi alla stagione della qualificazione azzurra ai Mondiali 2010 -. Alla fine, l'ultimo successo di spessore è quello del calcio al Mondiale. In un certo senso è lo specchio della nostra Italia: grandi eccellenze, ma difficoltà a cooperare e a fare squadra». E cosa ci voglia per fare gruppo, lo sa bene il ct allenatore di menti, prima che di piedi: «Ci vogliono grandi singoli, disposti a mettersi a disposizione». Così il commissario tecnico ha cominciato il suo mandato bis, in vista dei primi impegni ufficiali contro Cipro e Georgia, con un discorso alla squadra, stamattina nel centro di Coverciano chiuso al pubblico. «Ho detto loro - ha raccontato Lippi - che da sabato avranno sul petto lo scudetto Fifa con la Coppa del Mondo: siamo i primi a portarlo, non è che dobbiamo star lì a guardarlo tutto il tempo. Ma serve a ricordare come si fa, e a sentirsi Campioni». Per questo, la ricetta è già pronta: un pizzico di umiltà, una buona dose di convinzione («un solo tecnico, Pozzo, ha vinto due Mondiali di fila: non sono qui con la presunzione di equagliare quel record, ma con la voglia di provare le stesse emozioni del 2006. E se rivivremo gli stessi due anni, si può rivincere un altro Mondiale»). E idee molto chiare sul modulo («senza Totti faremo qualcosa di diverso: possono essere le tre punte di Nizza, possono essere due attaccanti di peso»), ma soprattutto sul progetto. «Ho un gruppo di giocatori base, e dei giovani da inserire. In difesa ci può essere qualche problema, anche se va contato Materazzi non convocato perchè come lui anche Cannavaro veniva da un infortunio. Ma ho cinque-sei giocatori da provare ad inserire. Il mio è un progetto di due anni», ha spiegato, forte di un girone di qualificazione oggettivamente abbordabilissimo, e con la testa a Riccardo Montolivo e Giuseppe Rossi, presenti qui se non fossero stati infortunati. Nessun rimpianto invece per giocatori come Ambrosini («lo stimo, ma faccio altre scelte») o addirittura Cassano, al cui nome Lippi si è inalberato: «Ho tanti giocatori a disposizione, se non ne chiamo uno non è una bocciatura», ha tagliato secco commentando la mancata convocazione dell' attaccante Samp («è la squadra che mi ha impressionato di piu», ha tra l'altro indicato il ct), di sicuro una decisione tecnica. Nella lista di 50 azzurri indicati alla Fifa come papabili per il Mondiale - formalità burocratica ma indicativa del progetto di Lippi - sono stati d'altra parte inseriti tanti giovani. Da Balotelli a De Silvestri, da Giovinco a Marchisio, passando per Rossi, Palladino e De Ceglie. «Ho la fortuna di poter scegliere tra un 60% per cento di giocatori italiani, a differenza di Capello che ha solo il 38% di inglesi in Premier», l'analisi di Lippi, poco prima che il presidente del Coni Gianni Petrucci girasse il problema delle Nazionali sui troppi stranieri presenti nello sport azzurro. «Ma io i nostri giovani in campo li vedo, eccome - è la convinzione del tecnico del calcio - Balotelli c'è tra i 50 perchè ha i colpi, ovviamente deve crescere». E allora non è solo questione di far gruppo, ma di squadra vincente.

Dai blog