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La famiglia non molla ma pensa al raddoppio

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Ma la risposta è scontata e sta nelle ultime mosse di mercato (non solo quello calcistico) della società giallorossa sempre più saldamente nelle mani della famiglia. Passato il momento del dolore, si farà il consueto summit di famiglia dove la moglie Maria e le tre figlie del presidente decideranno la strada da prendere. Una via già spianata da un piano di rientro ben consolidato e che non può che essere preso come punto di rilancio per un futuro altrettanto roseo. Tantopiù adesso che si stanno mettendo in fila tutti i tasselli per la costruzione dello stadio che trasformerà in maniera definitiva la società giallorossa in una grande realtà del calcio mondiale. Insomma la Roma resterà ai Sensi per un bel pezzo e le figlie sembrano intenzionate a non mollare una società per il quale papà Franco ha dato tutto. Il 23 luglio l'ultimo passo ufficiale per la conferma dei Sensi alla guida del club: l'assemblea di Italpetroli ha approvato il bilancio d'esercizio chiuso al 31 dicembre 2007 che garantisce la continuità aziendale dell'impero dei Sensi. Un risultato ottenuto grazie all'accordo raggiunto con Unicredit per il riscadenzamento dei debiti entro il 2010 (277 milioni di euro verso la banca di Profumo su 365 complessivi) e la certificazione del bilancio firmata dai revisori della Pricewaterhouse Coopers. Insomma, i Sensi restano in sella alla Roma: anche se rientrare da un debito così ingente senza toccare il «gioiello» di famiglia è ancora e sarà una missione assai complicata. Nel nuovo piano, che non esclude la cessione del club, c'è un elemento inedito: Unicredit non ha più l'opzione sul 2% di Italpetroli, sostituito da altre garanzie. Ad ogni step intermedio previsto dall'accordo, se i Sensi non avranno concluso la cessione degli asset indicati la banca prenderà in mano il mandato a venderli. E non è un caso se spesso la Roma, piatto appetibile per chi abbia interesse ad entare nel poliedrico mondo del calcio italiano, sia stata più volte associata a cordate o compratore esteri. Dopo i russi della Nafta Moska, è di recente tornata in voga la «moda» dello Zio d'America. Trattativa più volte smentita dalla società, pressata dalla Consob, che ha però avuto infinite conferme. Errori strategici degli americani, mediazioni della politica italiana e la perenne indecisione della famiglia che di fare a meno della società non ne ha mai voluto sapere. Il tutto ha impedito all'avvocato Joe Tacopina di acquistare la Roma per conto del magnate. Nei lunghi mesi della trattativa, iniziata a gennaio 2007 e saltata il 18 aprile scorso quando tutto sembrava chiuso, Tacopina ha incontrato o contattato una lunga lista di personaggi: da Marcello Lippi all'allora sindaco Walter Veltroni, dall'ex dg di Italpetroli Paolo Bassi, a Massimo D'Alema fino a Pippo Marra. Lui, consigliere della Roma, gli è stato indicato come l'interlocutore giusto per intavolare l'affare. Lo stesso Marra ad aprile scrisse la famosa lettera in cui parlò di «occhiuta rapina» riferendosi al tentativo di Soros. Immancabile anche l'intervento di Galliani che, da buon custode del calcio italiano, nei giorni caldi della trattativa ha avvertito la Sensi: se apri le porte agli americani, «l'asticella» dei prezzi sale per tutti.

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