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Enrico Tonali PECHINO Il giorno dei ...

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Chiara Cainero, trentenne friulana (è di Udine, dove i Cainero sono ben conosciuti, suo zio Enzo è organizzatore di grandi eventi dopo essere stato portiere del Varese in Serie A), agente della Forestale e figlia d'arte, ha vinto ieri lo skeet femminile, prima «sparatrice» azzurra a salire sul più alto gradino dei Giochi. Un successo annunciato quello allo Shooting Range (24 km da Piazza Tiananmen): «Chiara è determinata, ha la stoffa della campionessa. Nelle prove ufficiali ha cercato di smussare gli ultimi angoli e sparato in scioltezza, concentrandosi sulle pedane più difficili (3 e 4) senza commettere errori» spiegava mercoledì il c.t. Francesco Fazi. E infatti, sotto una pioggia battente, la laureata in Scienze della Comunicazione ha combattuto a sangue freddo - oltre che con la favorita Ning Wei (argento ad Atene 2004) che ha subito la pressione di tirare in casa - contro la yankee Kymberly Rhode (un fucile rosa formidabile che raccoglie medaglie pure nel double trap) e la tedesca campionessa del mondo Christine Brinker, le quali come l'azzurra hanno realizzato in finale il punteggio di 93/100, nuovo record olimpico, ma costrette allo shoot-off per l'assegnazione delle medaglie. Chiara ha mantenuto la concentrazione e battute entrambe con lo score totale di 93/100 (+2). L'argento è andato all'americana (93/100 +1+2) che allo spareggio per il secondo posto ha avuto la meglio sulla germanica (93/100 +1+1). «Non è stato facile, la pioggia ha complicato tutto. In seconda pedana ho imbracciato male il fucile, in terza c'è stato un no bird, alla quarta ho sbagliato. Quando sono arrivata allo spareggio ho pensato: ora le devo rompere» il commento a caldo di Chiara. Ora «la ragazza con il fucile» (il primo colpo l'ha tirato a 18 anni) punta a Londra 2012, ma prima c'è il ritorno in Patria, e, soprattutto, quel gruzzolo di 140 mila euro - il CONI glieli accrediterà per la sua scintillante medaglia d'oro e giada - che sarà tanto utile a casa. «Questo non è uno sport che ti fa mangiare e gli allenamenti costano: darò una botta al mutuo, abbattendolo un po'», dice del debito contratto per ristrutturare un vecchio mulino di famiglia. «Spero solo - aggiunge - che il governo decida di detassare i premi». Anche perchè di quei 140mila euro lei, che da agente della forestale ne guadagna 1.300 al mese, ne incasserà solo la metà più un ottavo. Il resto lo dividerà con gli altri otto azzurri del tiro: «È un accordo che abbiamo fatto», racconta divertita. Una scelta in controtendenza. Perché Chiara è così: un «non-personaggio» divenuta regina per un giorno. Anche quella di Andrea Minguzzi è una «storia semplice», della miglior provincia. Figlio di Massimo e Celestina, la prima cui ha pensato, gettandole in tribuna il mazzo di fiori del vincitore. Accanto a lei la sorella Valentina. Papà invece, forse da sportivo scaramantico, forse da emiliano che non ama lasciare la sua terra, non c'era: «È rimasto a casa - racconta raggiante Andrea - Gli sarà venuto un infarto...». È un figlio d'arte (anche la sorella è allenatrice) questo gigante buono e sorridente di 26 anni. Un ragazzo semplice, come dice la faccia che sul podio ha cantato fino all'ultima parola l'inno di Mameli. Certo, lungo il tatto di A1 che corre da Bologna a Forlì, ci deve essere qualcosa di speciale per la greco-romana: da lì, grazie al piccolo faetino Vincenzo Maenza, erano arrivati gli ori di Los Angeles '84 e Seoul '88; da lì è arrivato oggi quello che già viene indicato come il suo erede. Maenza? «Lui è un grande campione...», si schernisce Minguzzi. E a chi gli fa notare che lui l'ha appena raggiunto risponde: «Ancora non me ne rendo conto. Il mio sport è il mio lavoro, ma è anche il mio sogno. Non ci credo ancora, ma sognando tanto i sogni si avverano». A lui, per avverarlo, è servita una proiezione con piegamento all'indietro, la mossa con cui nei 30 secondi finali ha sbaragliato l'ungherese Fodor. «Un colpo che è nel mio bagaglio tecnico - spiega - Cosa ho provato negli ultimi secondi quando dovevo a tutti i costi fare punto? Che poi me se sarei andato a casa, in vacanza! Scherzo: avrei dato l'anima, piuttosto morivo».

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