Stavolta almeno si scusino
Specie quando, come in questo caso, la chiamata riguarda le Olimpiadi. La Lazio è figlia dello spirito olimpico ed è biancoceleste in omaggio ai colori della bandiera della Grecia, la patria dei Giochi. A Pechino ne abbiamo sei, dei nostri, nel canottaggio e nei tuffi oltre che nel calcio. Ciò premesso, quanto è capitato a Rocchi è semplicemente inaccettabile. Un compagno di squadra gli ha scheggiato il perone e i medici della Federcalcio lo hanno fatto giocare lo stesso, senza neppure un controllo radiografico. Se qualcosa del genere fosse capitato a un giocatore del Milan (periodo ipotetico chiaramente irreale...), Galliani avrebbe invaso gli uffici di Via Allegri, fra gli applausi dei media, come Putin ha fatto con la Georgia. Invece a noi laziali è toccato persino subire la strumentalizzazione delle parole di Rocchi, il cui fair play è stato utilizzato quale presunta replica alle sacrosante accuse di Lotito. Cornuti e mazziati, dunque, come al solito. Perché il punto chiave è che queste cose sembrano succedere soltanto a noi. Alla Nazionale italiana la Lazio ha già sacrificato uno scudetto, perdendo Nesta per sei mesi nella stagione 1998-1999, quando arrivò seconda per un punto (e anche allora dal Nord presero di petto il presidente Cragnotti che si lamentava). Alla nazionale argentina ha sacrificato il possibile bis del titolo 2000, perdendo Veron a causa di un Argentina-Cile. E adesso ci ritroviamo senza il nostro bomber proprio alla vigilia di quella che sembrava destinata a essere la stagione del riscatto e del tifo ritrovato. Sfiga? Certo. Ma con quella, purtroppo, abbiamo imparato a convivere, dunque non ci fa più troppo male. No. A mandarci in bestia è che non solo nessuno ci chiede scusa, ma sotto sotto ci trattano pure un po' da scemi...