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Infatti alle splendide ed eterne ragazze della scherma che hanno monopolizzato la gara di fioretto si è aggiunta a sorpresa ma graditissima la livornese Giulia Quintavalle. Se la scherma, come ho scritto molte volte, rappresenta la cassaforte d'oro del nostro sport, lo judo ha tradizioni e storie molto più recenti ma comunque sufficienti per darci, dal 1976, un bottino di due ori, tre argenti e sei bronzi per un totale di 11 medaglie cinque delle quali conquistate dalle donne. Nel fare la storia della nostra scherma si rischia di essere ripetitivi. Valentina Vezzali ha conquistato la terza medaglia d'oro consecutiva, la sesta in questa specialità dopo le tre che erano state firmate da Irene Camper (1952), Antonella Ragno (1972) e Giovanna Trillini (1992). La stessa Vezzali ha contribuito a due dei tre ori della gara a squadre ed ha la possibilità, tra qualche giorno, di aggiungerne un altro alla sua invidiabile collezione. Per quanto le azzurre fossero favorite non è stato un successo facile, tutt'altro, il che lo ha reso alla fine ancora più entusiasmante. Insieme a Giovanna Trillini, la veterana di cinque olimpiadi, ed a Margherita Granbassi, le azzurre avevano quasi monopolizzato la semifinali della gara individuale lasciando l'unico posto disponibile (non si potevano schierare più di tre atlete) alla coreana Hyun-Hee Nam. Poteva sembrare una versione moderna ed aggiornata in chiave sportiva della famosa sfida tra Orazi e Curiazi solo che inevitabilmente a qualcuno è venuto in mente quello che era accaduto dodici anni fa ad Atlanta dove la romena Laura Badea aveva messo in fila, una dopo l'altra, la Trillini e l'allora giovanissima Vezzali, battendole rispettivamente in semifinale ed in finale. Ieri la morsa era ancora più robusta perché alle due veterane si era aggiunta la Granbassi. Chi riusciva a cancellare il cattivo ricordo della Badea, arrivava addirittura ad ipotizzare ed a sperare in uno storico tris che avrebbe costituito un primato assoluto nella storia del nostro sport, un'impresa degna degli americani nell'atletica leggera. Invece è stato tutto molto difficile. Il sogno del tris è sfumato quando la Trillini, pur battendosi con il solito coraggio, non è riuscita a battere la piccola coreana che la sorprendeva da tutte le parti battendola per 15 a 10. Giovanna recrimina su alcune decisioni arbitrali ma si è visto più tardi, nella finale, che questa Nam è atleta di sicuro valore ed altrettanta personalità. Il derby di semifinale tra Valentina e Margherita non ha avuto storia anche se ovviamente non c'è stato accordo. Per qualche momento ho avuto l'impressione di assistere ad una delle tante finali tennistiche tra le sorelle Williams. Anche tra il pubblico (naturalmente numerosi gli italiani) non c'erano né tifo, né rivalità Quando nella finale la Vezzali è andata in testa per 3 a 0 si è pensato che si trattasse di una formalità invece la coreana ha infilato quattro colpi consecutivi complicando di molto le cose. Dopo che la Vezzali ha pareggiato sul 4 pari, la Nam è passata a condurre per 5 a 4. Mancavano 29 secondi allo scadere del tempo, se la coreana fosse riuscita a difendere il vantaggio il titolo sarebbe stato suo. Per fortuna il coraggio, il carattere, la classe (perché di questo si è trattato) hanno consentito a Valentina non solo di pareggiare ma di mettere a segno, quando mancavano solo 4 secondi all'ingresso nell'incognita dell'extra time, la stoccata decisiva. Una vittoria tra le più belle e più difficili per una campionessa che pare avviata a stabilire tutti i primati possibili. «Ricordate che voglio esserci anche nel 2012 e che voglio portare la bandiera!» Un piccolo riferimento polemico alla scelta che le aveva preferito Antonio Rossi come portabandiera azzurro qui a Pechino ma Valentina lo ha lanciato con il sorriso, consapevole che questa medaglia d'oro vale bene una bandiera anche se la richiesta è arrivata subito al mittente. Infine la straordinaria marcia della Quintavalle verso l'oro nella categoria 57 kg. La livornese Giulia ha eliminato la campionessa uscente, la tedesca Yvonne Boenisch verso la finale e poi nell'atto conclusivo ha trionfato contro l'olandese Deborah Gravenstijn. Sul podio Giulia si è portata le mani alle orecchie e le ha agitate imitando il campione del mondo di calcio Luca Toni. E dalla tribuna lo staff azzurro ha intonato il coro po-po-po-po divenuto l'inno della vittoria della nazionale di Marcello Lippi a Berlino nel 2006. «È la cosa più bella che mi sia mai capitata, ma ma ho avuto il merito di crederci sempre», ha detto alla fine quasi incredula per una vittoria tanto inattesa quanto meritata.

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