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Giallorossi in vacanza mentale

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Si presenterà al suo pubblico la nuova Lazio, ammirata prima a Liverpool e poi ad Oporto, se alleggerirà ulteriormente qualche scoria potrà risultare la vera mina vagante del campionato. Tanta gioventù, in biancoceleste, dunque inevitabli limiti di esperienza, ma anche l'entusiasmo di chi sta dimostrando di credere nel proprio lavoro e nel dettato di un allenatore di rango come Delio Rossi. Un mare di lacrime sull'opposta sponda capitolina, il clamoroso tonfo del White Heart Lane pesa come un macigno sull'umore dei tifosi giallorossi, ma anche su quello di uno Spalletti raramente visto così nero e così poco propenso a indulgere. Le ha cantate con accenti baritonali, il tecnico, ai suoi interpreti svogliati e distratti, come se l'infinita giostra delle nuove scelte avesse lasciato ruggini mentali perfino superiori a quelle che rendono irrequieta la tifoseria, alla vana ricerca di un filo di chiarezza. Ma la nota più allarmante riguarda l'aspetto comportamentrale, proprio quello al quale Spalletti, dal giorno del suo arrivo a Trigoria, ha dedicato le più convinte attenzioni. Grave soffrire in un'amichevole, sia pure pesantemente come è accaduto domenica, peggio è perdere la faccia davanti a uno splendido stadio gratificato dal tutto esaurito. E penso che su questo punto si sia intattenuto in particolare l'allenatore nel confronto di ieri con i suoi discepoli, ai quali la professionalità impone di rimettersi in riga senza ulteriori vacanze mentali, per non accentuare lo scetticismo che circonda qualche operazione di mercato. Se, a ben guardare, il ruolo più discusso è quello ricoperto da Vucinic: non soltanto l'unico a lasciare il campo a testa alta, ma anche l'acquisto più costoso dell'ultimo triennio romanista. Per non parlare della scelta del secondo portiere: saggezza avrebbe dovuto suggerire la via dell'esperienza, per ora siamo fermi al citofono.

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