Libertà di culto al Villaggio
Il caldo afoso del primo pomeriggio non incoraggia certo gli ospiti del Villaggio liberi dagli allenamenti a recarsi al 'luogo dei cultì. Ma venerdì una ventina di atleti di Paesi islamici - soprattutto di Egitto, Algeria e Siria - si sono riuniti per la preghiera del venerdì con l'imam, Mussa, 46 anni, della moschea di Niujie, la più antica della capitale cinese, fondata intorno all'anno Mille. Oggi prima domenica con la presenza delle squadre, ci saranno la Messa cattolica e un servizio protestante in due salette vicine, divise solo da una sottile parete. Per i cattolici celebrerà padre Joseph, uno dei sei preti cattolici a disposizione dei fedeli. «Finora - dice il sacerdote - ho visto soprattutto polacchi, africani e alcuni membri della delegazione italiana raccogliersi qui in preghiera. Dirò Messa in inglese, ma su richiesta potremo offrire anche servizi in altre lingue». Compreso l' italiano, perché del gruppo dei religiosi presenti al Villaggio fa parte un altro sacerdote cinese, Giuseppe Zhao, che ha studiato in Italia. Ma la libertà di culto esibita nel Villaggio non rispecchia esattamente la realtà della vita quotidiana in Cina, dove il governo la garantisce in pratica solo alle associazioni religiose cosiddette «patriottiche», vale a dire che riconoscono come autorità ultima lo Stato cinese.