Doping
E non è un caso se, dopo l'incontro con il capo della Procura Antidoping, lo stesso Riccò ha fatto una conferenza stampa (nela stessa sede del Coni) per dire tutta la verità: e non solo. L'ex leader della Saunier-Duval è arrivato a Roma di buon mattino e si è infilato nel ventre dello stadio Olimpico a mezzogiorno in punto, con mezz'ora d'anticipo rispetto all'udienza fissata dai giudici antidoping. Per un'ora buona, Riccò ha vuotato il sacco, ha ammesso l'assunzione di sostanze proibite, ha recitato il «mea culpa», si addossato una serie di misfatti e fatto diversi nomi: di medici sì, ma anche di altri atleti. Si è tolto un peso. Riccò si è ripetuto, per un'ora buona, confessando di avere preso «la sostanza che tutti conoscete». Una confessione totale. «Ho sbagliato, ho fatto una sciocchezza della quale mi sono pentito, ma ci tengo a sottolineare che ho agito per conto mio (?). Non sono a Roma per chiedere clemenza, mi sono presentato davanti ai giudici del Coni perchè volevo togliermi un peso, liberarmi. Ho sbagliato e per questo ho deciso di non presentare la richiesta delle controanalisi». Quindi spiega il «come». Riccò ha raccontato di avere intrapreso la strada che porta al doping al termine del Giro d'Italia («Lì ero pulito»), dove è stato battuto solo dallo spagnolo Alberto Contador. «Non avevo in programma di partecipare al Tour, perchè ero stanco nella testa, ma anche fisicamente, allora ho deciso di commettere questo errore. Ho preso quella sostanza prima di partire per la corsa francese. Come ci sono arrivato? Su internet si fa presto a trovare tutte le indicazioni». Quindi le scuse ufficiali a chi in lui credeva davvero. «Mi dispiace per i compagni, che sono stati costretti a tornarsene a casa, ma anche per chi ha perso il lavoro. E poi, ci sono i tifosi: a loro vanno le mie scuse». Racconta i momenti terribili dopo l'arresto. «Ero frastornato - ammette - mi passava di tutto per la testa. Sono stati momenti terribili per me. La bicicletta? Per il momento non la voglio neppure vedere. Me ne vado in vacanza e poi riprenderò a lavorare con mio padre. Non so se e quando tornerò a gareggiare». E adesso? La procedura prevede il deferimento dell'atleta al Tribunale antidoping nazionale (l'ex Gui), quindi il processo e la pena che, dopo l'atteggiamento collaborativo assunto ieri, potrebbe essere meno pesante del previsto: non due anni, ma 12 o 18 mesi di stop forzato. La disponibilità di Riccò a raccontare fatti e circostanze, alla fine, sarà decisiva: per lui e per l'immagine di tutto il ciclismo. Già, ma oggi alle 12 tocca a Piepoli... e può succedere di tutto, ancora.