Ma Vucinic non è l'erede di Mancini?
Poche settimane ancora, dunque, per delineare il volto della Roma, votata a confermare le meraviglie del campionato precedente: quando i suoi tifosi, ma anche i rivali, la definivano la squadra più bella dell'intero panorama nazionale. Ma l'estate non ha prodotto gli entusiasmi che generalmente reclamano le formazioni più accreditate. Un piccolo segno: alla presentazione dei calendari, prima che il computer svelasse i suoi segreti, interviste a raffica a Galliani, agli esponenti dell'Inter, della Juventus, della Fiorentina, la Roma relegata tra i parenti poveri, quando le sarebbe spettato di diritto il posto d'onore. Ed ecco che il popolo giallorosso è costretto a interessarsi più dei colpi milanesi, da Mourinho a Ronaldinho, che delle concrete prospettive di più elevate ambizioni dei suoi diletti figli. Qualche brivido lo ha regalato soltanto l'enigma relativo a Mutu, operazione nella quale non è poi così difficile individuare il diktat di Prandelli, dopo che Corvino e i Della Valle avevano avviato, e virtualmente chiuso, l'operazione. Svanito il romeno che Totti avrebbe voluto al suo fianco, siamo in una tempesta di nomi, molti dei quali allettanti soltanto a livello di figurine Panini, ma sulla cui utilità negli schemi di Spalletti enormi sono le perplessità di chi abbia voglia di approfondire, tra panchinari nelle loro squadre, magari illustri, o reduci da una stagione infelice, come se Trigoria fosse una camera di rianimazione. La mia personale diffidenza è legata a una considerazione obiettiva: partito Mancini, e qualcuno avrà gioito, la fascia sinistra sembrava riservata a Mirko Vucinic, il giocatore che ha rappresentato l'acquisto più costoso della gestione Spalletti. Adesso sembra che in quel ruolo si debba individuare la prima scelta di mercato, il montenegrino destinato a giocare se Totti dovesse prendere un raffreddore. Amico Pradè, è troppo chiedere di farci capire qualcosa?