Il Badminton azzurro approda in Cina
A Pechino, per il badminton azzurro, sarà la prima volta da quando, nel 1992, questo sport è diventato parte integrante del programma. «La Allegrini e Klaus Raffeiner, che per sole quattro posizioni nel ranking mondiale non è riuscito a qualificarsi per il torneo maschile, sono le nostre punte di diamante. Dietro di loro c'è però già un progetto 2012 che cura sette ragazzi under 19, con l'obiettivo di portarli a Londra». Nonostante tutte le difficoltà di uno sport «minore», il badminton ha fatto passi da gigante negli ultimi anni. «È già difficile far capire cosa sia il badminton, perché viene ricordato per il volano (la semisfera di sughero con 16 piume d'oca ndr) con cui si gioca sulla spiaggia. Quando si gioca si tiene il conto dei palleggi, nello sport l'obiettivo è esattamente l'inverso e cioè quello di non far colpire l'avversario. Potrebbe sembrare facile da fuori, ma in realtà è stato certificato che il volano, in fase di smash, supera i 300 Km/h. Il nostro progetto scuola ha dato risultati tangibili, grazie agli oltre 1000 insegnanti che abbiamo formato. Abbiamo superato quota 60000 praticanti negli ultimi tre anni e ai giochi studenteschi siamo tra i primi sei sport come partecipanti». Tutte le responsabilità del badminton azzurro ricadranno dunque su Agnese Allegrini, 26 anni compiuti lo scorso 3 luglio, nata a Vignanello (VT) ma residente a Santa Marinella. Per poter compiere l'impresa di qualificarsi ha vissuto l'ultimo anno e mezzo tra la Danimarca e i tornei internazionali (vittorie in Iran, Uganda, Mauritius e Bahrein). «In Italia non gioco più da quattro anni e sono stata costretta a trasferirmi all'estero. E' stato molto duro - afferma la Allegrini - anche perché tutti puntavano su di me per questa qualificazione». Percorso personale durissimo verso Pechino. «C'era veramente troppa pressione e facevo fatica a farmi piacere quello che stavo facendo. Con il presidente Miglietta sono cambiate tante cose. In Danimarca sono riuscita a trasformarmi dal punto di vista mentale. Ora quando entro in campo do il meglio di me stessa: se vinco va bene, ma se perdo non mi abbatto». Il tabellone ancora non c'è, ma il quadro delle qualificate sì. Quante le possibilità di andare avanti? «Diciamo che possiamo dividere le giocatrici in terzi: con un terzo, sempre sulla carta, ci vinco, con un altro terzo me la gioco, e con l'ultimo terzo ci perdo. Essere a Pechino è comunque la nostra vittoria».