Ciao Giorgio, compagno di tante battaglie
Legami personali di affetto: a Napoli Giorgio era compagno di giochi di mia moglie, suo padre lavorava al «Mattino», del quale mio suocero era direttore. Nel lavoro, i primi apporcci delle trasferte napoletane, la redazione locale contava, oltre che su Giorgio, su una storica colonna di questo giornale come Marcello Lambertini, Tutino andava in giro con una Vespa nera. Sempre puntuale, qualcuno direbbe pignolo, talvolta strano nel senso migliore, l'unico al mondo a radersi senza sapone. Fatto sta che sul lavoro non ammetteva sbavature o approssimazioni, dunque il compagno ideale anche dopo che si era trasferito alla redazione sportiva romana. Facile lavorare al suo fianco, insieme abbiamo cercato di dare il meglio della professione in tanti campionati mondiali di calcio e almeno in un paio di Olimpiadi. Non un servizio, non una riga, che non passasse attraverso la verifica meticolosa di Giorgio. Ma guai, anche per gli amici più cari, a mettere per un solo momento il lavoro al secondo posto, sapeva anche divertirsi, il nostro amico, però soltanto quando alla pagine del giornale fosse stato garantito il massimo in fatto di informazione e di precisione. Anche se svolgeva i compiti di inviato speciale con assoluta affidabilità, Giorgio ha sempre amato, in fondo, dirigere la redazione, delegando ad altri le funzioni più specifiche, sempre con risultati eccellenti. Apparteneva a quella razza in via di estinzione, che interpretava la professione secondo la regola del primo ad arrivare e l'ultimo ad andarsene, quando realmente tutto era stato sistemato. Amava il mare, le regate sulla sua piccola barca a vela, spiagge lontane, al punto di concedersi una casetta in Turchia. Gli abbiamo voluto bene, tutti, in maniera incondizionata, altrettanto unanime sarà il rimpianto. Gianfranco Giubilo