Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Un posto nella storia la nuova Boston ci prova

default_image

  • a
  • a
  • a

Ovvero l'uomo simbolo dei verdi, scomparso a quasi 90 anni nell'ottobre del 2006, e guida tecnica e morale della franchigia per tutta la sua vita cestistica tanto da meritarsi da parte della Nba il titolo di allenatore della storia. Ci credono i tifosi di Boston che qualcuno da lassù abbia smosso una squadra che sembrava in balia dell'avversaria, risvegliando di colpo il famoso «Celtics pride», lo spirito dei Celtics, che sembrava seppellito dalle giocate della squadra losangelina prossima a pareggiare la serie. Il Celtics Pride è qualcosa che è proprio solo dei verdi bostoniani, quasi che ne abbiano registrato il marchio. È qualcosa che entra dentro il cuore di chi calca quel parquet a legni incrociato e veste quelle maglie verdi che profumano di storia. Così nel massimo momento di difficoltà della quarta sfida di questa finale un po' vintage, la squadra ospite bersagliata dalla sfortuna, materializzatasi sotto forma dell'ennesimo infortunio - ha fatto crack la spalla di Perkins in forse per gara-5 - ha improvvisamente iniziato la più grande rimonta che si ricordi in una gara di finale. Mai nella storia della Nba era accaduto che in una partita per l'assegnazione del titolo qualcuno fosse riemerso dal -24. Ma questa volta, sul legno dello Staples Center ce l'hanno fatta i Celtics di Doc Rivers, trascinati da Garnett e Pierce, e questo ci può stare, ma soprattutto dall'uomo della provvidenza, ovvero James Posey, sesto uomo capace di piazzare 18 punti con 4/4 ai liberi e 4/8 da 3 punti. Boston è quindi ad un passo dal suo 17esimo titolo, quello che manca dal lontano 1986 quando si esaurì il fantastico ciclo dei Celtics di Larry Bird. E stanotte (ore 2,45 italiane, diretta Sky Sport 2) si tornerà a giocare, ognuno col suo carico di aspettative e pressione. Aleggeranno sull'impianto dei Lakers le immagini delle sfide che poco più di vent'anni fa, era il 1987 hanno visto sfidarsi da un lato Magic Jonhson ed i Lakers di Pat Riley e dall'altro Bird, Mc Hale, Parish ed i Celtics che si apprestavano a chiudere un'era. Perché da allora Boston è crollata in un desolante anonimato mentre Los Angeles, con Kobe Bryant e Shaquiille O'Neal è stata capace di aprire e chiudere un nuovo ciclo. Difficile credere che questa notte, però, i padroni di casa faranno da damigelle d'onore al ritorno al titolo della storica avversaria. C'è un onore da difendere, di fronte al parquet popolato di stelle di Hollywood, e un sogno da coltivare, quello di portare Boston a gara-6 e provare ad allungare le mani sull'anello. Boston, che avrebbe comunque il vantaggio di altri 2 match-ball tra le mura amiche, conta i superstiti dopo una serie incredibile di infortuni. «Siamo con i cerotti, ognuno di noi ha qualche acciacco, per questo speriamo di chiudere la sfida in trasferta». Parole e musica di Paul Pierce. Ma Kobe Bryant ed i Lakers non sembrano essere d'accordo. Così la pensa anche il loro coach, l'uomo che mischia basket e zen, Phil Jackson. «Ho annullato l'ultimo l'allenamento per allentare la pressione sulla mia squadra. Credo fosse la cosa più giusta da fare non tanto per quanto riguarda lo stato fisico dei miei ragazzi, ma piuttosto per quello psicologico. Siamo in buona forma, ma la sconfitta di giovedì scorso è stata pesante, molto dura da metabolizzare. Non cambieremo nulla a livello tattico e tecnico in gara-5. Ho ricordato ai miei giocatori che la serie non è finita e che ce la possiamo fare. Ora dobbiamo solo pensare a vincere».

Dai blog