BADEN Visto da vicino, sotto le luci delle tv di mezza ...
000mail per confortarlo. Piacevole sensazione di partecipazione emotiva che non trova riscontro nelle accuse in arrivo dall'Italia. «Bamboccioni» è la più gettonata a Casa Azzurri, ma anche quelle di tipo tecnico non sono lusinghiere: «Squadra spenta, grigia come il suo ct, priva di sprint e fiammate». Tra l'Italia del calcio e gli italiani è una storia nata già finita? «Mah - replica Toni, e lo sguardo s'accende di rabbia - noi non siamo tedeschi, siamo fatti così. Prima del mondiale nessuno voleva Lippi, Cannavaro, Buffon: poi il 9 luglio tutti per strada a festeggiare. La verità è che non siamo diventati tutti scarsi, abbiamo sbagliato una partita. Anzi, abbiamo sbagliato mezza partita, giocando con la difesa troppo arretrata nei primi 45 minuti. Ce ne siamo accorti, abbiamo corretto l'assetto, ma evidentemente era troppo tardi. Anche se le nostre occasioni le abbiamo create». Sì, appunto: per quel che lo riguarda da lui i tifosi azzurri si aspettano che metta la palla in rete come ha fatto per 39 volte in questa stagione con la maglia del Bayern. «Ed io lunedì non ci sono riuscito: su quel lancio di Cassano ho tirato alto 45 metri. Ricordo però che anche al mondiale di gol non ne ho fatti tanti: solo che facevo segnare gli altri. Per questo più del gol fallito mi amareggia non essere riuscito nel primo tempo a fare da sponda per Di Natale». Lui che aveva dato la sensazione di non condividere la scelta di assetto di Donadoni, ne sposa però la lettura della gara con l'Olanda: «Non ho visto tutta questa differenza, anzi rigiocherei subito contro gli arancioni. Non finirebbe certo 3-0 per loro». Come fa quando si sbraccia in campo, invita gli azzurri a salire: di tono però. «Dobbiamo ritrovare serenità e concentrazione, basta vincere con la Romania e tutto torna a posto. Anzi, non vedo l'ora di giocare. Sappiamo che non possiamo sbagliare». Su compagni di reparto e moduli ipotetici dice tutto ed il contrario di tutto: ad esempio che con Cassano e Del Piero nel secondo tempo con l'Olanda è andata meglio («ma anche così io non ho segnato»). Che i due sono molto forti («ma anche Di Natale è di quel livello qualitativo, e poi ci sono equilibri da rispettare»). Nega che la «strategia della tensione» scelta da Donadoni, che non annuncia la formazione ai giocatori se non poco prima della gara, possa creare nervosismo: «L'importante è il lavoro nei giorni precedenti, non conta sapere solo in extremis se si gioca o no». Facile a dirsi, se si è intoccabili come lui. «Ma io sono intoccabile fino ad un certo punto». Ammette solo una cosa: «A Berna è stata una figuraccia, ma i primi ad essere arrabbiati siamo noi». Anzi, due: la tv svedese gli chiede di fare i complimenti a Ibrahimovic per il gran gol di martedì. Lui arrossisce, tergiversa: poi confessa e li fa sulla fiducia: «Non l'ho neanche visto quel gol». Era a cena con i genitori, come un trentunenne bamboccione qualsiasi: solo che il conto lo paga lui.