Il pessimismo fuori luogo dei romanisti
Ed è, quest'ultimo, un atteggiamento ben poco condivisibile, nel ricordo di quanto Spalletti e la sua armata, tutt'altro che Brancaleone, hanno prodotto nella stagione dei record. Si ironizzza sulle modeste risorse riservate alla campagna acquisti, dimenticando quanto non sia agevole migliorarla, questa squadra che non soltanto il tifo romanista ha definito la numero uno del campionato. Certo, non destano entusiasmo i progetti di mercato, più sensazioni che basi solide, qualche allarme possono suscitarlo rinnovi che, con il fatale abbattimento del celebrato «tetto», minacciano di produrre un effetto domino, con le legittime rivendicazioni di chi guadagna cifre compatibili più con l'amore per la maglia e per la città che con i reali parametri del calcio nazionale. Ci sarà qualche partenza non indolore, da Matteo Ferrari all'autolesionisticamente svalutato Mancini, ma il gruppo merita ugualmente fiducia. Non sarà però facile contenere nei limiti attuali il «gap» nei confronti dei campioni in carica, che si possono permettere di presentare lo «Special One» tra i tecnici. Felicissimo l'impatto, per un italiano già fluente che testimonia vivido intelletto, grandioso quel «non sono un pirla» rivolto a una platea milanese in grado di apprezzare. Mourihno lavorerà, e soprattutto farà lavorare, con quell'impegno feroce che ha finora distinto le trionfali campagne con il Porto e il Chelsea, soprattutto avrà certamente a disposizione i mezzi per rendere ancora più maestoso un organico già in grado di ripresentare i Cordoba, i Samuel più Ibra e Chivu in piena efficienza. Alla realtà la Roma dovrà adeguarsi, ma la disperazione non riguarda la bella formazione che tante gioie ha fin qui regalato.