Alessandro Austini a.austini@iltempo.it Sorpasso. Non ...
Amantino, invece, dovrà guardarsi buona parte delle ultime cinque sfide decisive dalla panchina, prima di svuotare l'armadietto di Trigoria a giugno. Al decimo gol stagionale, il sesto in campionato, Vucinic sembra finalmente aver preso confidenza con la parola «continuità». E con il ruolo di esterno sinistro: l'impressione è che ormai giochi meglio lì piuttosto che da centravanti. Ci aveva visto lungo il maestro Zeman, bravo l'allievo Spalletti a insistere. Anche i numeri strizzano l'occhio al montenegrino: con lui e Totti insieme dall'inizio i giallorossi hanno perso solo una partita (il derby di ritorno), ne ha pareggiata un'altra a Milano con l'Inter che era praticamente vinta e ha conquistato ben otto successi. Nove, compresa il trionfo in Supercoppa. Insomma, statistiche alla mano, la Roma migliore è quella con Totti e Vucinic insieme dal primo minuto. E finché Spalletti confermerà il 4-2-3-1, saranno loro i terminali offensivi titolari. A patto che la società riesca a riscattarlo dal Lecce: operazione possibile ma che si annuncia assai costosa. La crescita del montenegrino è tecnica e psicologica: i suoi gol sono sempre belli, oltre che pesantissimi. Milan a San Siro, derby d'andata, Sporting in casa, Kiev, Madrid e Udine: cinque vittorie che portano la firma di Vucinic. Ne fa le spese Mancini, sempre più un corpo estraneo alla squadra. Domenica è rimasto per tutta la partita in panchina, domani giocherà in coppa Italia insieme a tante riserve. Il brasiliano paga un evidente calo di rendimento dopo l'avvio del 2008 a suon di gol: dalla sfida d'andata con il Real è rimasto a secco. E dietro le quinte il suo addio alla Roma è diventato una soluzione pressoché scontata. Gli ultimi spifferi di mercato lo associano a Chivu: si sarebbe già promesso all'Inter, mentre la società giallorossa vorrebbe venderlo al Real. Il braccio di ferro è appena iniziato.