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In una serata speciale il fair play non ha colore

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E non c'è colore neppure quando si comincia a giocare, perché il fair play non ha colore e di fair play, in campo, tutti fanno a lungo sfoggio: primo fallo della partita dopo 6 minuti (Aquilani su Pandev), primo fallo laziale addirittura dopo 14' (Kolarov su Taddei), addirittura neppure un fallo su Totti in tutta la partita (!). Se fair play e lacrime non hanno colore, il colore ce l'hanno però i sorrisi che sono prima giallorossi, poi biancocelesti, poi ancora giallorossi, e poi bipartisan, perché a un certo punto il derby di Gabbo diventa il derby di tutta la città, in una spettacolare girandola calcistica che ci rende orgogliosi di essere romani, di tifare per queste due belle squadre e i loro giocatori, così bravi e così capaci di esaudire sul campo i desideri di chi il campo deve limitarsi a guardarlo. Alla fine, è vero, sorride solo la Lazio, ma credo che la Roma non debba piangere, perché ha perduto contro un'avversaria che era in serata di grazia e, oltretutto, lassù aveva qualcuno che l'amava. Nulla è compromesso, né in campionato né in Champions, e sono sicuro che anche noi laziali, dopo l'abbraccio di ieri sera, tiferemo per loro contro l'Inter e contro il Manchester United. La Lazio sorride fino in fondo perché ha ritrovato se stessa proprio nella partita più importante e più sentita. Sorride perché una volta tanto non ha pagato dazio alla sfortuna (il gollazo di Taddei, i due legni di Kolarov), e perché ha dimostrato di avere le carte in regola per tornare a essere una vera e propria grande. L'Olimpico si svuota mentre gli altoparlanti inneggiano all'aquila che vola ma i romanisti escono a testa alta, cantando a squarciagola il loro meraviglioso inno nonostante la sconfitta. Un inno che, stavolta, è dedicato non a una squadra ma a tutta una città. Grazie, Roma!

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