Gianfranco Giubilo Non ci ...
Dopo la sceneggiata disgustosa della partita interrotta per iniziativa di qualche deficiente, colpevolmente incoraggiata da giocatori troppo timidi nei confronti delle frange oltranziste, l'onesta rivalità non ha mai superato i confini del civile comportamento. Il momento attuale che le due squadre stanno vivendo induce a sperare in una serata sportiva all'insegna dello spettacolo: e dunque del bel gioco, nonostante abbiano un indubitabile peso gli accorgimenti tattici che i due strateghi vorranno porre in atto in base ad approfondite reciproche conoscenze di pregi e lacune degli avversari. Tra Roma e Lazio, recita la classifica, vi sono ventisette punti di differenza, un divario che sembra testimoniare appartenenza a fasce di valori differenti. Pure, anche il meno attento tra i tifosi romanisti sa benissimo che in campo l'apparente squilibrio non si vedrà, secondo quanto insegnano la tradizione ma anche la storia recente, spesso non proprio attenta al rispetto dei ruoli. Non è comodo, per la Roma, il ruolo di favorita che l'attuale scala dei valori tende comunque ad assegnarle, sulle sue spalle una pressione maggiore di quella che dovranno sopportare i rivali, che hanno meno da perdere e che sono sospinti dalla fiducia di avere ritrovato quei valori che avevano consentito, nella passata stagione, lunghe serie positive e l'approdo alla Champions League. Un impegno, quest'ultimo, che qualche danno lo ha prodotto: non soltanto per la modifica degli abituali tempi della preparazione, ma anche per l'inadeguatezza di un organico troppo penalizzato da infortuni pesanti. Dopo la fase di assestamento seguita all'addio all'Europa, con Delio Rossi dato per quasi sicuro partente, la campagna di gennaio ha consolidato i ranghi e ha consentito al tecnico di riproporre gli schemi e le invenzioni che avevano reso micidiale soprattutto la Lazio da trasferta: e quello di domani è un turno casalingo soltanto per il calendario. Hanno molto pesato gli stenti di Mauri, tanti gli stop per guai fisici, probabilmente non del tutto risolti, così il tecnico romagnolo ha sfruttato l'arrivo di Rolando Bianchi (tante grazie al City, anche per il ritorno di Dabo) per proporre tra le linee Goran Pandev, il suo elemento più talentuoso insieme con l'impagabile Tommaso Rocchi, avvilito in Nazionale da un impiego tattico incomprensibile. Il centrocampo laziale è un felice mix di potenza atletica e di sapienza, impersonata la prima dai muscolari Dabo e Mudingayi, la seconda dal fosforo di Ledesma, in apprezzabile crescita, e anche di quel Mutarelli spesso sottovalutato, un giocatore del quale proprio l'occasionale indisponibilità ha testimoniato il valore. Forse un po' meno sicura la difesa dopo l'addio a Stendardo, ma Rossi sa come proteggerla adeguatamente. Tasso qualitativo superiore, quello della Roma, forte anche di particolari alchimie tattiche capaci di esaltare l'estro dei grandi campioni dei quali Spalletti dispone, specialmente dopo che una sapiente campagna estiva gli ha garantito alternative sconosciute in passato. Naturalmente il punto di riferimento resta Francesco Totti, al quale si possono dedicare tutte le possibili attenzioni, però con il rischio di perdere di viste le altre risorse offensive di una formazione in grado di mandare puntualmente in gol un numero impressionante di giocatori. Tanto è vero che adesso il tecnico ha il problema, graditissimo per altro, di dover compiere ogni volta scelte coraggiose, confortato magari dalla consapevolezza di poter correggere in corsa qualche mezza defaillance individuale. Quando si deve decidere se mandare in campo Pizarro o Aquilani, Mancini o Vucinic, Cicinho o Panucci, Taddei o Giuly, non è il caso farsi venire il mal di testa. Quello, a Spalletti potrebbe procurarlo la capacità, più volte esibita da Delio Rossi, di isterilire quella manovra in velocità che è prerogativa della Roma migliore. Di sicuro, non vedremo uno scontro al risparmio: nessuno ci sta a perdere, ma per le ambizioni romaniste neanche un pari sarebbe incoraggiante.