Incantati dal gioco di Spalletti
La Roma è importante non perché qualcuno lo gridi più forte ma per squisita sostanza di gioco. Gli stessi lettori di questo giornale sanno che da mesi mi sono intestardito a raccontare le virtù tecniche e tattiche di una Roma post-olandese. E tuttavia non ho trovato altra definizione per connotare l'invenzione del Spalletti che, pur rispondendo all'antica vocazione da prima punta di Francesco Totti, per accontentarlo ha costruito un meccanismo valido per lui e per gli eventuali sostituti. Fino a un anno fa, era una Roma tutta per gli occhi, elegante e mobilissima senza che il suo ritmo instancabile dovesse poggiare semplicemente sulla fisicità; all'inizio di questa stagione i giallorossi hanno pagato il fio di una ricerca estetica troppo sfiziosa, e ho parlato (subito) di narcisismo pernicioso. Poi, i conti son tornati: squadra bella e tosta, illuminata e cinica, fantasiosa e pratica. Raramente ho visto il Real Madrid tremare, raramente ho sentito il Bernabeu ammutolire. Ora tocca alla celebratissima strapotente Inter dimostrare di valere altrettanto in Europa.