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Adesso è l'ora delle celebrazioni, il ...

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Un ruolo che un mese fa era stato messo in dubbio da una parte non trascurabile dei tifosi, una valanga di appunti tecnici e di suggerimenti che facevano pensare a una fioritura di geni delle strategie calcistiche in questa città: come nessuna bella, come nessuna umorale. Adesso che di fronte al mondo la Roma vede riconosciuta una dimensione che va forse al di là delle stesse ambizioni dell'avvio, il recupero della ragione e della misura sembra la sola garanzia per un ulteriore passo in avanti, riconsegnare a chi lavora con merito pari all'impegno quotidiano la stima e la fiducia che avevano accompagnato il suo approdo a Trigoria. Perché la straordinaria notte di Madrid è stata resa possibile da un tecnico che ha creduto nei suoi principi tattici, che ha respinto tutte le tentazioni di possibili modifiche di quell'atteggiamento che ha imposto la Roma all'attenzione del mondo. Tutto il calcio italiano ha il dovere di ringraziare questa squadra che ha cancellato forse definitivamente le favole relative ai catenacciari, ai furbi, ai maestri della sola fase difensiva. Fantastico presentarsi al Bernabeu con la stessa faccia tosta che segna ogni impegno romanista di qualsiasi livello, che ha consentito di limare parecchio, con il talento e l'applicazione convinta, il gap economico che ancora divide la Roma dai mostri sacri dell'Europa calcistica: uno dei quali ridotto a comparsa, nonostante le pietose battute di Schuster, rumore di unghielli su superfici levigate. Si guarda ora al sorteggio di Nyon con trepidazione comprensibile ma, in attesa di un miracolo dell'Inter, l'organico dei quarti si presenta comunque sotto il segno del dominio inglese, tre o più ragionevolmente quattro squadre su otto. Ci vorrà molta fortuna per non trovarsi di fronte United, Chelsea, Arsenal o magari Liverpool, alle quali va allineato il Barcellona. Che l'urna, nella quale figurano Fenerbahce e Schalke, sia lieve alla Roma e ai suoi sogni.

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