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Grande Italia, ma ora Mallett vuole un successo

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Dal meraviglioso capitano Parisse al guerriero Mauro Bergamasco, da Castrogiovanni al «nuovo» Simon Picone, mediano di mischia in rampa di lancio, tutti hanno chiesto di classificare il match di domenica pomeriggio nel novero delle sconfitte, punto. «Perdere di tre punti o di cento è sempre perdere» ha chiosato «Bergamauro» dopo una partita di grande sacrificio fisico, e come non essere d'accordo. Del resto, voler dare un valore differente al risultato vorrebbe dire accettare una inferiorità a priori che l'Italia dimostra sul campo di non riconoscere più. La sconfitta con l'Inghilterra ha varie cause ma, obiettivamente, regalare due mete, 14 punti, in occasioni di due possessi azzurri dice tutto. Analizzando la prestazione dei bianchi di Ashton si fa fatica a ricordare drive offensivi costruiti e strutturati nei 22 metri italiani, gentili cadeau a parte. Meglio pensare a ciò che non ha funzionato per migliorare. Per esempio, la touche. In rimessa laterale a Dublino l'Italia aveva dominato, al Flaminio ha perduto quattro rimesse a favore, una ai 5 metri avversari in piena rimonta, che avrebbero potuto rivoluzionare la partita. Lanci non precisi, timing difettoso, ma anche l'abilità degli inglesi di invadere il corridoio e l'incapacità dell'arbitro Rolland di punirla a dovere. Dopo una settimana di pausa si riprenderà il 23 febbraio a Cardiff contro un Galles rigenerato e vittorioso. Ma i Dragoni Rossi sembrano la squadra in grado di esaltare le doti migliori degli Azzurri, soprattutto se Mallett aggiusterà qualcosa in mediana e nella linea arretrata per dare al gioco azzurro una dimensione che, negli ultimi 20' contro l'Inghilterra, si è solo intravista.

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