Alessandro Austini a.austini@iltempo.it Il più silenzioso ...
Il centrale della Seleçao non vede l'ora di riprendere l'inseguimento all'Inter e non risparmia consigli per gli acquisti. Brasiliani, ovviamente. Si riparte domenica da Bergamo. Che Roma ritroveremo? «Una squadra più forte di quella che ha chiuso il 2007. Ci siamo riposati dopo tanti impegni ravvicinati e in questi giorni abbiamo avuto il tempo di allenarci bene e recuperare giocatori importanti». È vero che mercoledì Spalletti ha annullato la seduta pomeridiana perché vi ha visto distratti? «No, prima di iniziare l'allenamento al mattino sapevamo già che sarebbe stato l'unico della giornata e proprio per questo siamo rimasti in campo più a lungo». Qualcuno pensa che vi siate già arresi in campionato. «Voglio rassicurare i tifosi: la Roma allo scudetto ci crede ancora. Da parte nostra dobbiamo pensare a fare il massimo e, al tempo stesso, sperare in qualche risultato negativo dell'Inter. Insomma, non dipende solo da noi». Come dice De Rossi, è così frustrante rincorrere i nerazzurri? «No, anche se non è facile giocare con l'obbligo di vincere sempre. Ma vedrete che ora l'Inter si fermerà: non è possibile che una squadra vinca tutte le partite». La Roma è piena di brasiliani, Roberto Mancini ha tanti argentini. Una sfida nella sfida? «Non direi, perché l'Inter è una vera e propria "multi-nazionale". Mettiamola così: è come giocare Brasile-Resto del Mondo». Ronaldo e Adriano che fine faranno? «Sono convinto che presto li rivedremo a grandi livelli, anche in Nazionale». A proposito di Seleçao, lei chi porterebbe dei suoi compagni di nazionale a Trigoria? «È difficile scegliere tra così tanti campioni. Gilberto dell'Herta Berlino è uno di questi. Non è un giocatore comune e se lo fosse non farebbe parte del Brasile». E la Roma lo sta seguendo. Le piacerebbe giocare in coppia con Lucio anche in giallorosso? «Lui è un altro grande difensore e non posso nascondere che con lui mi trovo a meraviglia. Ora ha un contratto col Bayern ma chissà cosa accadrà in futuro. Detto questo, non voglio togliere nulla a Mexes e Ferrari: per me sono due ottimi compagni». Mancini, invece, sembra sempre più lontano dalla Roma. «È un grande calciatore ma se deve rimanere o meno è una decisione in cui non voglio entrare: spetta soltanto a lui e alla società». Col Real che sfida sarà? «Un confronto tra due grandi squadre, sarà bello incontrare il mio amico Robinho. Per noi è un ostacolo difficile, ma ce la giocheremo sia in casa che al Bernabeu: abbiamo tutte le carte in regola per passare il turno». Come procede l'ambientamento in Italia? «Il campionato è molto più competitivo rispetto alla Bundesliga. Avversarie così forti le puoi incontrare solo qui, in Inghilterra e Spagna. Lo sapevo prima di arrivare, ma per fortuna mi sono inserito subito senza troppi problemi». Il segreto? «L'esperienza e la maturità acquisita negli anni. Questo mi aiuta a fare in campo la cosa giusta al momento giusto». Cosa ha dovuto imparare? «La cultura della tattica è una cosa nuova per me e mi sono dovuto adattare. Poi ci sono tanti grandi attaccanti da marcare». Il più forte che ha incontrato? «Non so dirlo». Totti è il più bravo in quel ruolo? «Lui non è solo un grande attaccante ma un campione a 360° gradi: sicuramente è tra i primissimi in Italia». È stato difficile dover rimpiazzare Chivu? «Ad essere sincero non mi sono mai posto il problema. Stiamo parlando di un grande giocatore, lo rispetto, ma sono venuto a Roma convinto di poter dimostrare il mio valore. Fino ad ora ci sono riuscito e l'affetto dei tifosi nei miei confronti lo dimostra». Ha già segnato tre gol in giallorosso. Per caso da bambino faceva l'attaccante? «Come tutti i brasiliani da piccolo pensavo solo a segnare. Ma da quando ho iniziato a giocare a certi livelli ho sempre fatto il difensore». Ha iniziato a conoscere la città? «Roma mi piace, è bellissima, accogliente e mi trovo molto bene con la gente. A volte mi sembra di essere in Brasile». Come va con l'italiano? «Così così....Ma se ho imparato il tedesco ci riuscirò anche stavolta». La prime parole che ha imparato? «Forza Roma....». È vero che stava per finire alla Lazio? «Sì, qualche anno fa c'è stato un contatto con la società allora gestita da Cragnotti: non se ne fece nulla».