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Simone Vitta LISBONA L'edizione 2008 del mitico ...

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I maggiori timori per le centinaia di concorrenti e di addetti all'organizzazione dal 5 al 20 gennaio lungo i 6000 km fino a Dakar si concentravano sulla Mauritania dove, alla vigilia di Natale, quattro turisti francesi sono stati uccisi vicino al confine con il Senegal da uomini armati ritenuti vicini alla nebulosa al Qaida del Maghreb. Pochi giorni dopo altri uomini armati hanno ucciso tre soldati mauritani. La Mauritania non era però la sola area a rischio terrorismo islamico del percorso africano del Dakar: anche in Algeria la minaccia dei movimenti armati integralisti è ritenuta forte. RAGIONE DI STATO La decisione degli organizzatori della francese 'Asò (Amaury Sport Organisation) è stata annunciata oggi dopo una riunione di emergenza a Lisbona. Ieri il governo di Parigi aveva sconsigliato ai propri cittadini, e quindi anche ai piloti, il passaggio in Mauritania. «Il governo francese ha invocato la ragione di stato per raccomandarci formalmente di non dare il via al Dakar» ha spiegato il direttore della corsa Etienne Lavigne. Non sono state precisate le minacce concrete raccolte dai servizi francesi. Lavigne ha solo riferito che «c'erano comunicati di Al Qaida Maghreb che citavano il Dakar». Certo un attentato contro uno dei maggiori avvenimenti sportivi internazionali avrebbe avuto quell'effetto mediatico importante ricercato dal terrorismo integralista vicino alla nebulosa Al Qaida. Secondo l'organizzatore portoghese della gara Joao Lagos per di più «le minacce non erano limitate alla Mauritania, ma riguardavano la corsa nel suo insieme». Quella degli organizzatori è stata «una decisione saggia» ha commentato il ministro degli esteri francese Bernard Kouchner. Il governo portoghese ha espresso rincrescimento, ma ha detto anche di «rispettare» la decisione perchè «la prima priorità deve essere la sicurezza». Grande però la delusione nei paesi africani per i quali la corsa è fonte di redditi importanti. Il governo della Mauritania ha espresso «rincrescimento» per l'annullamento, esprimendo riserve sulle esigenze di sicurezza messe avanti dagli organizzatori: secondo il governo mauritano per proteggere la corsa erano state «rafforzate le misure di sicurezza e la cooperazione con i servizi dei paesi fratelli e amici». SOGNO INFRANTO Tanta la delusione fra i concorrenti, tutti già a Lisbona e pronti alla partenza. «Sono rimasta senza parole» ha detto Silvia Giannetti, 35 anni, di Grosseto, che avrebbe dovuto essere la prima italiana ad affrontare il Dakar in moto. «È come un doppio sogno che s'infrange: non poter partecipare a una gara che per me era il massimo traguardo raggiungibile e non poter essere la prima, e unica, donna italiana a parteciparvi guidando una moto». Questa doveva essere la sua prima Dakar: per correrla aveva investito tra iscrizione e equipaggiamento circa 60 mila euro.

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