Simone Vitta Qualcuno la chiama la «corsa della morte», ...
Ma da domani, con la vigilia della partenza, torna la Dakar. L'edizione numero trenta che promette ancora le grandi emozioni della sfida alle insidie della sabbia. Quella dorata, appiccicosa (e pericolosa) del Sahara, che s'infila negli ammortizzatori, nei pistoni, nei semiassi, rendendo la Dakar una battaglia affascinante, suggestiva e maledetta. Una specie di vizio proibito. Le emozioni vanno di pari passo con l'adrenalina e i rischi sono incalcolabili quando si affrontano le dune del deserto a velocità pazzesche e a bordo di qualsiasi mezzo. La Dakar partirà sabato da Lisbona e celebrerà i suoi trent'anni sempre sulle rive del Lago Rosa quando, domenica 20, giungeranno sul traguardo i vincitori della corsa, fra auto, moto, camion o quads. Ma il quesito è un altro: in quanti non riusciranno ad arrivare al traguardo fra le centinaia d'iscritti? Fra le auto la favorita sarà la squadra ufficiale Mitsubishi Ralliart, capitanata dal plurivittorioso Stephane Peterhansel e formata da Luc Alphand, Nani Roma, Hiroshi Masuoka. Atteso il riscatto del team Volkswagen. Ma oltre a quelli che partono per vincerla, questa sfida con il deserto affascina tanti che prendono il via soltanto con l'ambizione di arrivare a destinazione. Tempeste improvvise, distese di sabbia, scarse segnalazioni: basti pensare che in Mauritania ci sono tratti in cui bisogna accodarsi alle carovane locali, le uniche indicazioni sono dei paletti ogni 5 km. Non si passerà dal Mali, considerata zona a rischio. Ma ci sono altri rischi: in trent'anni di gara hanno perso la vita 25 piloti (fra i quali anche Fabrizio Meoni, ultimo vincitore italiano nel 2001 e l'anno dopo). Qualcuno è pure morto in elicottero, per non parlare degli innumerevoli investimenti di spettatori, che hanno fatto salire il numero delle vittime a 55. Secondo Etienne Lavigne, organizzatore del rally, la Dakar è ormai diventato un evento globale, con rappresentanti di una cinquantina di nazioni in gara e tantissimi esclusi per motivi di sicurezza. Quest'anno correranno, fra gli altri, anche un indiano, un guatelmateco, un keniano, due kazaki e due fuoristrada provenienti dalla Cina. Ma soprattutto ci sarà anche la prima donna italiana, animata da una straordinaria voglia d'avventura: è la maremmana Silvia Giannetti, 35 anni, che dal '99 sogna di intraprendere quest'avventura, ovvero dal giorno in cui incrociò la Dakar mentre si trovava in vacanza nel deserto a bordo di una jeep. Da quel momento, Silvia ha vissuto solo con un'idea in testa: partecipare al rally più pazzo e pericoloso del mondo. Prima di partire da Lisbona, la Giannetti ha fatto in tempo a vincere il Campionato italiano rally raid del 2005, il Rally di Tunisia, del Marocco e dei Faraoni del 2006. Gli amici la chiamano la «cinghiala»; sarà al via con il Team Prorare, su una moto Ktm 525, preparata dalla Steels di Castiglione Fiorentino. Il sogno di Silvia è quello di arrivare in Senegal.