Sfida all'ultima curva per salire sul trono
Vediamo perché. Tanto per cominciare, i tre cavalieri dell'apocalisse sono arrivati ad Armageddon seguendo percorsi ben distinti. Suddividendo in due gruppi da 8 i 16 Gran Premi sin qui disputati, Hamilton è in evidente calo: ha fatto 64 punti nella prima metà stagione e solo 43 nella seconda. Raikkonen è invece in prepotente ascesa: 42 punti fino al giro di boa e ben 58 dopo. Alonso dal canto suo procede con costanza a singhiozzo (50 e 53): è l'unico a non aver mai dato continuità ai suoi trionfi (solo una volta sul podio, terzo, nel GP successivo a una vittoria), e siccome è a secco ormai da Monza rappresenta la variabile più imprevedibile dell'equazione-Brasile. Percorsi diversi, dunque, ma tutti e tre per qualche verso insoddisfacenti. Se due settimane fa in Cina non si fosse lasciato sgusciar via dalle dita come un'anguilla il titolo, forse potrebbe considerare in ogni caso felice la propria stagione almeno Hamilton, che è un esordiente. È andato forte, fortissimo. Ha vinto quattro Gran Premi. È stato assisitito e protetto oltre il limite del lecito dalla sua squadra, dalla FIA e dalla fortuna. Però a Shangai ha commesso quel peccato d'orgoglio, e se adesso l'iride gli svanisse proprio sotto al naso quell'unico errore diventerebbe imperdonabile anche per un neofita extralusso come lui. In quanto ad Alonso, sarebbe un ipocrita se desse la colpa dell'insuccesso all'ostilità riservatagli dalla perfida albionica McLaren non appena è diventato chiaro che per battere l'inaffidabile Ferrari poteva bastare il pischello di casa. Io credo che la vera causa dei suoi tormenti sia, piuttosto, la consapevolezza di averle buscate spesso e volentieri da un ragazzino. E che Alonso non riesca in particolare a perdonarsi l'errore di frustrazione che gli costò l'incidente del Fuji, quando finì contro il muro nell'impossibile tentativo di rimontare l'irriverente rivale. Raikkonen, infine. Sebbene la frittata vera l'abbia fatta il team al Nurburgring, dove un problema idraulico l'ha appiedato in una gara in cui era partito in pole, lui dovrebbe rimpiangere la lentezza con la quale ha esplorato il pianeta-Ferrari e interrogarsi sull'abulica rassegnazione in cui s'è smarrito a inizio stagione, quando Massa, da furbo cocco di mamma, maramaldeggiava.