L'osservatorio
E la sola consolazione dell'Italia, inguaiata del suo, è la buona compagnia lungo il percorso, l'Inghilterra del contestatissimo McClaren o la Spagna del razzistello Aragones, per altro avvezze ai disagi nelle grandi competizioni per squadre nazionali. Neanche Roberto Donadoni si salva da polemiche toste: chiamato a gestire l'eredità di un Mondiale vinto, non ha fatto molto per sottrarsi alle critiche, ribadendo il principio secondo il quale un buon allenatore di club non sempre sa adeguarsi al ruolo di selezionatore, profondamente diverso. Un cittì può costituire e consolidare un gruppo, ma non potrà mai dargli quel gioco che soltanto l'addestramento quotidiano può produrre. Dunque è facile capire come questo match con la Scozia, capolista capace di battere anche la Francia grande favorita, rappresenti una sorta di strada senza ritorno: speranze rifiorite in caso di vittoria, depressione e polemiche roventi in alternativa. Recuperato Buffon, formazione non ancora ufficializzata, ma insomma sembra che l'orientamento sia quello di riproporre il modulo a una punta, secondo il modello, così ammirato, della Roma di Spalletti, dietro Luca Toni il trio Camoranesi-Perrotta-Di Natale, De Rossi e Pirlo centrali. Intento apprezzabile, la cui applicazione lascia comunque una piccola perplessità: manca Francesco Totti, che di quel modulo rappresenta la chiave, difficilmente imitabile. Ma insomma, contro una Scozia che rinnega propensioni e tradizioni per votarsi alla barricata, per non vincere ci vorrà realmente un'impresa.