In biancoceleste fino al 2012
Il sogno: lottare per lo scudetto
Uno di quelli che i gradi se li è cuciti addosso con i sacrifici, il rispetto e la considerazione. Non solo con la militanza. Sguardo serio, profilo umile, eccessi banditi. E tanta professionalità. Luciano Zauri è l'espressione della Lazio che veleggia verso la Champions con la forza del collettivo e la cultura del lavoro. Dieci finali al termine d'un campionato da applausi, il derby, la rincorsa all'Europa che conta: l'orizzonte biancoceleste raccontato dal laterale mancino che s'è legato a vita al club con un contratto fino al 2012 (l'annuncio probabilmente a maggio). Sei vittorie consecutive, terzo posto in classifica, squadra imbattuta nel 2007. Dove volete arrivare? «Fino a dove è possibile ma i record non ci interessano. Li lasciamo agli altri. Cercheremo solo di fare il massimo». Quanto sentite vicina la Champions? «Ce la giochiamo, siamo convinti di potercela fare, guai a mollare però. Dobbiamo esprimerci sempre al massimo, senza cali di concentrazione. Solo così possiamo confermarci su certi livelli. È il nostro segreto». Non avete le vertigini a ripensare al disastroso avvio di stagione con tanto di handicap? «Certo l'inizio è stato traumatico, la sentenza pesante, l'estromissione dalla Coppa Uefa che avevamo sudato e guadagnato meritatamente sul campo, la prospettiva di fare un campionato anonimo partendo da -11. Ci eravamo quasi rassegnati all'idea, poi ci si è messa pure una partenza da brivido con due sconfitte consecutive». Quando è arrivata la svolta? «Il momento più bello è arrivato con la restituzione di otto punti. Abbiamo cambiato obiettivo, potevamo aspirare a qualcosa in più di una semplice salvezza, pure miracolosa». È stato il cambio di modulo a determinare il decollo? «Beh, è stata una soluzione maturata con il tempo e con il divorzio da alcuni giocatori, Liverani su tutti. Abbiamo cambiato gioco e raggiunto un buon equilibrio». Ora si parla di aggancio alla Roma. Ci credete? «È antipatico parlare di questa cosa. Adesso manca solo che qualcuno ci accosti all'Inter. La Roma sta facendo il suo campionato. A inizio stagione ho sentito che il quinto posto sarebbe stato considerato un fallimento, è assurdo. Ci teniamo stretti quello che stiamo facendo, senza guardare agli altri». Che emozione si prova a essere capitano? «Quando avevo la fascia nella Primavera dell'Atalanta, mi ero ripromesso di indossarla da "grande" e ci sono riuscito. Per fare il capitano non serve però quel pezzo di stoffa, Peruzzi, ad esempio, non ne ha bisogno. Mi fa piacere semmai che i compagni vengano a chiedere consigli». Lo spogliatoio è compatto? «Si, siamo un gruppo formidabile, mai visto nulla di simile nella mia carriera». Dove può arrivare questa Lazio in prospettiva? «Lontano. Per aspetto anagrafico e margini di crescita credo che il futuro possa appartenere a questa squadra». Behrami e Pandev la considerano un fratello maggiore. «Sono unici e bravi, lasciamoli crescere, possono fare davvero grandi cose». Per quale motivo ha deciso di legarsi a vita alla Lazio? «Perché ho scelto il progetto, con la speranza che si possa continuare a crescere secondo una prospettiva importante». Quando arriverà l'ufficialità del rinnovo fino al 2012? «È solo una formalità. Burocratica. È tutto a posto, ci penserà la società, non ci sono problemi». Il suo sogno? «È legato alla possibilità di poter lottare per il vertice del campionato, come stiamo facendo quest'anno, fino a lottare per lo scudetto». State già pensando al derby? «Prima ci sono altre partite, a cominciare da Udine». Del 3-0 dell'andata che ricordi ha? «Unici. Non si può spiegare l'emozione che ti regala un successo nella stracittadina. Ne avevo vinta una, ma da spettatore, quella del 6 gennaio del 2005. Ero infortunato, vissuta in campo, da protagonista, è tutta un'altra musica». È Rossi il segreto principale della vostra scalata? «La squadra lo segue, i risultati gli danno ragione, è un grande lavoratore. Con lui abbiamo un bel rapporto, è un ottimo maestro». Zauri guarda avanti. Con il biancoceleste sul