Artigianato, ricchezza in fumo
Scomparsi fabbri e calzolai, ma anche produttori di laterizi e tessuti
;l'artigianato di "produzione" è, di fatto finito: sono scomparse le piccole unità che lavoravano l'argilla del territorio trasformandola in mattoni, non esistono quasi più gli scalpellini che lavoravano la pregiata pietra molisana; delle mitiche coltellerie c'è solo il ricordo a Frosolone. Quanto all'artigianato "artistico" sono rimaste poche botteghe che cesellano l'acciaio e pochi fabbri che lavorano il ferro battuto; l'arte dell'intarsio del legno e del ricamo a "tombolo" è, di fatto, inesistente. Le cause della fine dell'artigianato di produzione e artistico forse sono dovute alla mancanza di cooperazione tra gli stessi artigiani, alla mancata pubblicizzazione dei prodotti fuori regione e al mancato incentivo, per i giovani, a continuare e sviluppare il lavoro delle generazioni precedenti. Il Molise produce argilla ma, come si sa, non vi sono più artigiani che la lavorano; al riguardo, si pensi un attimo agli artigiani toscani che continuano a produrre, con sistemi antichi, pavimenti, mattoni, coppi, fregi ed altro materiale da costruzione similare, che vendono a prezzi alti e non hanno crisi di ordini. Nel Molise si trova anche il "caolino", che serve a produrre la ceramica, ma non ci sono laboratori che lo lavorano, eppure si sa che gli oggetti in ceramica artistica sono tanti: dai servizi di piatti decorati all'oggettistica più diversa (cfr Ass. Cult. Artig. Molise). Nella regione si sono sviluppati per lo più i settori dell'agro alimentare come caseifici, conservifici, pastifici e piccole aziende d'insaccati. Si assiste però ad una crisi di questi settori: è noto che molti pastifici e caseifici sono fermi ed ora anche i conservifici minacciano la chiusura. L'analisi è semplice: ogni singola azienda si è posizionata sul mercato da sola e qui ha resistito finché non è stata schiacciata dalla grande industria; ciò perché non è stata capace di presentarsi come una produzione "pregiata", unica nel suo genere. I numerosi caseifici di Bojano - sostiene Salvatore Muccilli, ex presidente della Com montana - si sono fatti concorrenza tra loro abbassando i prezzi invece di creare un consorzio per la valorizzazione del prodotto rendendolo " tipico", quindi pregiato per poi piazzarlo sul mercato ad un prezzo remunerativo, con vantaggi economici sia per gli artigiani che per l'indotto (produttori di latte, trasportatori, ecc.). Nelle interviste ai dinamici artigiani di Mirabello (caseificio, torrefazione, fabbro) è emerso che tutte le attività occupano pochi addetti; le materie prime provengono per lo più da fuori regione; vi sono ancora margini di guadagno sebbene inferiori ai tempi passati e un po' tutti nutrono incertezze per il futuro. E' compito della classe politica trovare mezzi per il decollo di questo importante settore e renderlo appetibile ai giovani sfruttando le capacità e l'esperienza dei pochi artigiani ancora in attività.