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Lo spagnolo domina per la seconda volta la Classicissima e bissa il successo del 2004

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Ovvero l'uomo che ieri ha dominato la volata che ha chiuso la Milano-Sanremo del centenario, e si è portato a casa la sua seconda Classicissima dopo quella rapinata a Zabel nel 2004. Freire è un tipetto dagli occhi vispi e dalla schiena tormentata da mille acciacchi: malgrado questi cronici guai fisici, in questi anni ha vinto tre Mondiali e due Sanremo; perché un Freire in salute risulta imbattibile, come abbiamo potuto vedere ogni volta che lo spagnolo non ha dovuto fare i conti con gli acciacchi. Per esempio, in questa Classicissima. Che Oscarito stesse bene lo si era capito alla Tirreno-Adriatico, da cui il triiridato è uscito con una gamba strepitosa, come abbiamo appurato ieri alla fine dei 294 km che da Milano hanno portato il gruppo in Riviera, sul traguardo più atteso di inizio stagione. Lunga la fuga di Hernández, Kunitski, Brutt, Sella, De Kort e Traficante, ma si sa che i comprimari si devono far da parte quando si arriva alla Cipressa, salita che — dai 27 ai 22 km dalla conclusione — dà una gran smazzata al gruppo, aprendo ufficialmente le fasi torride della corsa. Fino a quel punto, a causa dell'asfalto viscido per la pioggia caduta al mattino, tante cadute (la più paurosa di Kopp, che si è malamente ferito al volto), e un derapage fuoristrada di Bettini, che attraversa un periodo iellatissimo, e si è ritrovato in fondo al gruppo a inizio Cipressa, col l'obbligo di sudare il doppio per riportarsi davanti. Impresa riuscita per il Grillo, mentre sulla salita si dispiegava la tattica Liquigas: prima attacco di Quinziato (con Voeckler), poi bella botta di Pellizotti, che si ritrovava a scollinare con 20" sul gruppo, in compagnia di Popovych e Moletta. Quest'ultimo, entrato malamente in una curva, è andato a sbattere su un palo elettrico (frattura della diasisi femorale destra), gli altri due hanno resistito al tentativo di rientro in discesa di Celestino e Vila. Ma il gruppo, tirato da Lampre e Quick Step (che credevano molto in Bennati e Boonen), ha annullato la fuga in avvio di Poggio, quando mancavano 9 km al traguardo. Popovych (molto bravo) è subito ripartito in contropiede, e anche Alex Efimkin ha tentato lo scatto. Ma è stata l'azione insistita di Ricardo Serrano, a 2 km dalla vetta (e 8 dall'arrivo) a portar via il gruppetto: con lo spagnolo e il russo e l'ucraino ripresi strada facendo, c'erano Kessler, Vila, Gilbert, Mazzanti (gran contributo all'allungo) e — udite udite! — quel Riccardo Riccò che aveva promesso scintille e dimostra di essere ragazzo di parola. Addirittura il modenese si mette a forzare: una prima volta, scremando il drappello e portandosi appresso solo Kessler e Gilbert. E una seconda volta, in risposta a uno scatto di quest'ultimo, causando la resa del tedesco e proponendo in cima al Poggio il copione dei sogni: Riccò e Gilbert davanti, con 8-9 secondi sul gruppo tirato da un indomito, malandato ma sempre vivo Bettini, che si è interamente votato alla causa di Boonen. La discesa ha lasciato le distanze praticamente invariate, ma ancora una volta i 3 km dalla fine della picchiata allo striscione dell'arrivo sono stati troppo lunghi per chi era in fuga: e così lo straordinario Riccò ha visto svanire i suoi progetti a 1300 metri dalla conclusione, col gruppo che — tirato dai Milram di Petacchi — ha fagocitato i due arditi. E quindi, volata: la squadra di AleJet si è mossa bene: negli ultimi 600 metri Velo ha lanciato Ongarato, che ha lanciato Zabel, che ai 200 metri ha lanciato Petacchi. Il problema è che l'unico a non lanciare nient'altro che la spugna è stato proprio lo spezzino: al momento di partire, si è imballato, e — vistosi superare a velocità tripla da Freire (che era accucciato alla sua ruota) — ha pure smesso di pedalare, per chiudere mestamente in ottava posizione. Il folletto spagnolo è stato realmente imprendibile, sicché la lotta per gli altri ha r

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