La rugby-mania scende in piazza
Allora tutti in piazza. La Federazione ha portato sulle strade del centro di Roma e di Milano il fiume di appasionati della palla ovale riunendoli, al di là dei colori, davanti a un maxischermo per tifare la nazionale. A piazza del Popolo, nella Capitale, in 30.000 tra italiani e irlandesi si sono uniti sotto un unico coro. Le maglie azzurre si miscelavano al biancoverde. Qualcuno barattava il proprio cappellino tricolore con quello più folkloristico dell'Irlanda modello extralarge. Il tutto, come vuole la migliore tradizione rugbistica, bagnato da un boccale di birra. Insomma, anche l'Italia sta scoprendo la cultura per la palla ovale. Qualcuno a piazza del Popolo dice di seguire il rugby ormai da anni, «c'è un altro spirito di festa» urla Michela. Altri hanno percepito questo fascino quando la nazionale è iniziata ad apparire con costanza sui media. Poi ci sono quelli che hanno deciso di vivere un pomeriggio diverso. «Di rugby ancora non ne capisco — spiega Paolo — ma sembra piacermi veramente. È uno sport sano». Proprio questo spirito sembra persuadere chiunque è sceso in piazza ieri. Poi c'è la partita, la scusa per ritrovarsi. Ogni tanto qualcuno prova a intonare un coro. Una meta irlandese fa scattare l'ovazione del pubblico biancoverde, gli azzurri si unisco a loro con un applauso. La situazione contraria si verifica difficilmente vista la forza degli avversari, ma se capita anche gli irlandesi si unisco al grido «Italia! Italia!». Anche il mondo politico si accorge di «quanto sia sano questo sport — ha detto Gasbarra — hanno dato una lezione a tutti». E intanto l'Italia si appassiona alla palla ovale, che sembra un po' la medicina per gli italiani contro chi lo sport lo fa con uno spirito diverso. Qualcuno inizia anche a indicare il proprio beniamino. Per ora non c'è dubbio: Troncon è il best player. «Ha dato troppo a questa squadra, è un trascinatore, uno che ci mette il cuore», dice Marco. Ma oltre all'esperto Troncon, c'è grande entusiasmo anche attorno a Lo Cicero, Mauro Bergamasco, Pez e Parisse, ma in generale per tutta questa Italia rugbistica. Il resto sono trenta giocatori che al Flaminio, a pochi chilometri distanza, hanno dato cuore e polmoni per onorare i colori del proprio Paese. Soprattutto, per far riscoprire a questa Italia il modo sano di fare, vedere, tifare lo sport. I 30.000 di piazza del Popolo questo lo sapevano. Averlo dimostrato, come è stato, è stata una lezione per tutti. f.perugia@iltempo.it